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MARZO 2006

     

UN TIPO DIVERSO DI INTELLIGENZA Dada Prunotto

  “Le emozioni hanno relazioni con l'apparato cognitivo perché si lasciano modificare dalla persuasione”. (Aristotele)

Quando un giorno dichiarai a chi si lamentava di ciò che fa “passare” la televisione nella società, nelle famiglie e quindi fra i giovani, e del fatto che le nuove generazioni trascorrono troppo tempo davanti al piccolo schermo, qualche volta con conseguenze devastanti, in particolare su caratteri in formazione, dissi che il rimedio migliore sarebbe quello di non averla. Qualcuno ha obiettato che senza la televisione non si può essere aggiornati: bisogna sapere in che mondo si vive. Penso che prima dell'avvento della cultura dell'immagine – oggi addirittura esasperata – non c'erano soltanto degli sprovveduti a questo mondo. I giornali, la radio, i libri e la cultura in genere, intesa come “complesso delle conoscenze, dei costumi, dei riti, dei modi di agire e di reagire, delle capacità di comunicare” saranno sempre prezioso patrimonio dell'uomo e mezzo per interagire. Questa cultura ha forgiato menti eccelse, filosofi, pensatori e giornalisti di tutto rispetto, politici di grande carisma, artisti di genio, intellettuali raffinati. Non è la TV che ha fatto l'uomo.

  Tuttavia, vivendo nell'era della comunicazione mass – mediatica per eccellenza, dobbiamo riconoscere che la TV svolge un ruolo molto importante.

  Vediamo, per esempio, ciò che sta accadendo in Italia, in fase pre – elettorale. Il nostro Paese attende, ormai a breve termine, il tempo di recarsi alle urne e la gente chiede di venire informata al meglio, mentre i politici si “prestano al gioco”.

  Si leggono i giornali, si ascolta la radio, si guarda la TV; chi vive nei grandi centri urbani può anche recarsi ai convegni dei partiti nei mega – spazi messi a disposizione. Tutto si amplifica: gli spazi appunto, i tempi, i modi per fare della politica motivo di eccellente comunicazione.

  La politica è fatta per i due terzi di strategia comunicativa, e in questo “gioco” la TV diventa il mezzo mediatico per eccellenza.

  E' interessante osservare come i leaders, che si avvicendano sui set televisivi ed ai congressi, recitano alla maniera di attori consumati. Essi dosano i loro interventi nel tempo con strategie ben mirate. Giusto la finanziaria non ha bisogno di un apparato eclatanti per essere comunicata: essa è un dato di fatto espresso in numeri. Il resto invece viene sviluppato con arte oratoria, direi “plastica”, cioè che prende forma, vigore, significato a seconda del tipo d'interlocutore con cui ci si trova ad interagire.

  I politici, infatti, parlano per rassicurare i propri elettori e per motivarli a tornare a votarli; essi hanno ben chiaro il tipo di elettorato a cui si rivolgono, pertanto parlano, si vestono, si muovono, scelgono luoghi di lavoro e strategie in base a ciò che l'elettorato si aspetta da loro. Ma su chi bisogna fare presa in particolare? Su questa fascia di indecisi che a pochi giorni dal voto, non sa ancora per chi votare.

  Si evince allora che la strategia deve essere alla base della comunicazione efficace , e i politici lo sanno bene. Non tutti siamo politici di professione, ma tutti facciamo politica; quella “dell'uomo della strada”, motivata dal lavoro, con le sue problematiche, della famiglia e dai figli e dalla società tutta in frenetica, spesso alienante, corsa verso un futuro che appare incerto e frustante. Ecco dunque che, oggi più che mai, dobbiamo sviluppare empatia, che si basa sull'autoconsapevolezza: quanto più aperti siamo verso le nostre emozioni, tanto più abili saremo nel leggere i sentimenti altrui. “L'incapacità di registrare i sentimenti altrui è un gravissimo deficit dell'intelligenza emotiva ed è una tragica menomazione del nostro essere umani” (Daniel Goleman).

  Esempi eclatanti di grandi comunicatori ne abbiamo oggi, come in passato. Già ho citato come Giovanni Paolo II sia stato capace, da grande comunicatore qual era, di entrare in empatia con milioni di persone delle più variegate culture; e poi Gandhi, simbolo della non – violenza, vissuto in un'epoca non tecnologica, capace di comunicare con il suo agire ed il suo profondo credere nella vita, a milioni di persone, la sua vivacità intellettuale e la sua fede, lasciando un segno indelebile della sua presenza sulla terra.

  Per non parlare poi dei grandi strateghi, geni della politica, protagonisti di svolte epocali nella storia dell'umanità; e, ancora, artisti insuperati quali Michelangelo e Picasso; registi cimenatografici e fotografi, che hanno fermato, in uno scatto solo, talvolta, un'immagine, in essa hanno significato in modo geniale il senso profondo di un'epoca storica.

  Solo per parlare di casa nostra, come possiamo dimenticare i grandi De Sica, Rossellini, Visconti, Fellini, artisti ed intellettuali del cinema che continuano a vivere nel messaggio che hanno lasciato all'umanità.

  Questo diceva il Foscolo: l'uomo muore fisicamente – è nel suo destino – ma continua a vivere nella misura in cui ciò che ha detto, fatto, costruito viene ricordato, vissuto, amato e compreso dai posteri.

  I grandi uomini, i grandi comunicatori consegnano alla storia capolavori d'arte, svolte politiche, scoperte scientifiche che cambiano radicalmente la società. Chi abita in piccoli centri urbani, paesi con poche centinaia di abitanti, gode di scarsi stimoli culturali e la TV è un'opportunità comoda per seguire gli eventi, senza uscire di casa, mentre i personaggi che si avvicendano sul piccolo schermo hanno buon gioco nel diventare volti familiari nelle case (questo i politici lo sanno bene!). La magia, ma anche il pericolo della TV è che essa “appiattisce” il tempo, rendendolo infine anche inespressivo, e il trascorrere delle cose e degli eventi passa, in modo “surrettizio”, come qualcosa al di fuori del nostro sentire profondo, ma nel contempo persuade.

  C'è un grandissimo pericolo, i cui segni ormai sono molto evidenti in una certa società, che l'immagine si sostituisca al pensiero critico; questo lo si capisce meglio guardando in TV gli spettacoli di evasione, per esempio, dove quasi sempre il nulla viene presentato come qualcosa di eccellente.

  Chi insegna la tecnica della comunicazione, la stessa psicologia delle motivazioni e delle realizzazioni dice che le persone di successo sono anche grandi imitatori del successo altrui. Ma quale successo? Quello che ci appaga anche moralmente, altrimenti non sarà una conquista vera e propria, mai.

  Tutti potenzialmente siamo in grado di imitare, ma una cosa è da tenere presente: bisogna avere quel tanto di elasticità mentale che ci fa proprio dimenticare certi preconcetti nei confronti della persona “imitabile”. Tutto ciò infatti che è preconcetto, invidia e critica negativa, ci preclude la possibilità di progredire e di migliorare noi stessi innanzitutto.

  Si è parlato anche di coraggio onesto che, unito alla libertà interiore, ci fa portatori della verità in cui crediamo, senza necessariamente sentirci forti, quando pensiamo di avere alle spalle un'autorità riconosciuta che ci protegga.

  E poi credo fermamente che, talvolta si possa comunicare molto più con il silenzio esemplare, che non con la parola. Non cadiamo nell'errore di pensare che soltanto a parole si può comunicare efficacemente. Molte volte un silenzio è più eloquente di tante parole, specialmente quando l'interlocutore può essere anche un figlio. Fare silenzio in certi casi è un atto di coraggio, che migliora gradualmente la nostra capacità di interagire, perché ci consente di entrare in sintonia emozionale con l'interlocutore: Forte è il messaggio non verbale che possiamo trasferire sull'altra persona che si trova, per esempio, in preda ad una collera violenta, nella misura in cui ci si riesce a mantenere calmi e ricettivi, tanto da mettersi in condizione di accogliere i segnali emozionali dell'interlocutore e trasferirli nel nostro cervello emozionale.

  Subentra in modo pregnante, in certi casi, la nostra capacità di ricorrere all'intelligenza emotiva, che ci dà occasione di sapere come si sente un altro essere umano; e questo nella vita professionale come in quella privata, nei rapporti fra genitori e figli, o ancora nella compassione e nell'azione politica. La chiave per comprendere i sentimenti altrui sta proprio nella capacità di leggere i messaggi che viaggiano su canali di comunicazione non verbale : il tono di voce, i gesti, l'espressione del volto e simili.

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  Vi propongo la lettura di una pagina tratta da “Intelligenza emotiva” (Daniele Goleman ed. BUR) e del commento di tutto il saggio, che viene fatto sulla terza di copertina.

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“E proprio questo è il problema: l'intelligenza accademica non offre pressoché alcuna preparazione per superare i travagli e cogliere le opportunità che la vita porta con sé. Tuttavia, anche se un quoziente intellettuale alto non è una garanzia di prosperità, prestigio o felicità, le nostre scuole e la nostra cultura si fissano sulle capacità accademiche, ignorando l'intelligenza emotiva - un insieme di tratti che qualcuno potrebbe definire carattere - immensamente importante ai fini del nostro destino personale. La vita emotiva è una sfera che, come sicuramente accade nel caso della matematica o della lettura, può essere gestita con maggiore o minore abilità, e richiede un insieme di competenze esclusive. La destrezza di una persona in tali ambiti è fondamentale per comprendere come mai alcuni soggetti abbiano successo mentre altri, intellettualmente non da meno, imbocchino vicoli ciechi: l'attitudine emozionale è una meta-abilità, in quanto determina quanto bene riusciamo a servirci delle nostre altre capacità — ivi incluse quelle puramente intellettuali.

Naturalmente, ci sono molte strade per avere successo nella vita, e molte sfere nelle quali vengono premiate altre attitudini. Nella nostra società, sempre più imperniata sulla conoscenza, la capacità tecnica è certamente una di queste. C'è una barzelletta da bambini che dice: «Come si chiama uno "stupido secchione" quindici anni dopo?». La risposta è: «Capo». Ma anche fra «secchioni» l'intelligenza emotiva offre un ulteriore vantaggio sul posto di lavoro, come vedremo nella Terza parte del libro. Molti dati testimoniano che le persone competenti sul piano emozionale - quelle che sanno controllare i propri sentimenti, leggere quelli degli altri e trattarli efficacemente -

si trovano avvantaggiate in tutti i campi della vita, sia nelle relazioni intime che nel cogliere le regole implicite che portano al successo politico. Gli individui con capacità emozionali ben sviluppate hanno anche maggiori probabilità di essere contenti ed efficaci nella vita, essendo in grado di adottare gli atteggiamenti mentali che alimentano la produttività; coloro che non riescono ad esercitare un certo controllo sulla propria vita emotiva combattono battaglie interiori che finiscono per sabotare la loro capacità di concentrarsi sul lavoro e di pensare lucidamente”.

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  “Perché persone assunte sulla base di classici testi d'intelligenza si possono rilevare inadatte al loro lavoro? Perché un matrimonio può andare a rotoli anche se il quoziente intellettivo di entrambi i coniugi è altissimo?

  La facoltà che governa settori così decisivi dell'esistenza non è l'intelligenza astratta dei soliti test, ma una complessa miscela in cui hanno un ruolo predominante fattori come l'autocontrollo, la perseveranza, l'empatia e l'attenzione agli altri.

  L'intelligenza emotiva consente di governare le emozioni e guidare nelle direzioni più opportune; spinge alla ricerca dei benefici duraturi piuttosto che al soddisfacimento degli appetiti più immediati; si può apprendere, perfezionare e insegnare ai bambini, rimuovendo alla radice le cause di molti e gravi squilibri caratteriali”.

  Un saggio appassionante che ci mostra le potenzialità enormi dell'intelligenza umana.

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Daniel Goleman ha studiato all'Anherst College e si è specializzato all'università di Harvard. Scrive abitualmente su pagine scientifiche del “New York Times” e su “Psychology Today”. Ha pubblicato presso Rizzoli i best sellers scientifici “La forza della meditazione” (1997), “Lavorare con intelligenza emotiva” (1998), “Menzogna, autoinganno, illusione” (1998), “Lo spirito creativo” (1999) e “Essere leaders” (2002).

 

 

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Ultimo aggiornamento: 12 novembre 2021
 
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