SUL FILO DEGLI IMPREVISTI Anna (continuazione)
Finalmente l'attesa data giunse, un mese era trascorso, mi era sembrato un secolo, molte le pene e le difficoltà che mi son trovata a dover affrontare ma, ora pensavo, tutto è finalmente finito.
Quella mattina mi alzai che era ancora notte, l'impazienza non mi aveva permesso di chiudere occhio, sicché, alle ore sette ero già vestita di tutto punto e con malcelata impazienza attesi i miei vicini che, generosamente, si erano offerti di accompagnarmi presso lo stesso ospedale dove ero stata ingessata un mese prima.
Infatti, lo fecero ed anche lì altro tempo di pazienza in quella sala d'attesa super affollata.
Finalmente il mio piede era libero, io scioccamente avevo immaginato di potermi muovere e agire senza problemi ma non era così, il dottore mi prescrisse una lunga terapia ed io meticolosamente la eseguii con la collaborazione di un ottimo terapista, (il mio desiderio era riprendere il lavoro al più presto). Dopo una settimana, ripresi servizio, mi sembrava un sogno, purtroppo il sogno ebbe breve durata, fui ben presto colta da dolori insopportabili, mi sottoposi ad una visita di controllo e lo stesso dottore che quindici giorni prima mi aveva assicurato la completa guarigione, mi disse che dovevo di nuovo sottopormi ad un'ingessatura, il mio stato d'animo ebbe un duro colpo, purtroppo non avevo altra scelta e ripetei l'intera trafila: tornai a casa con la gamba ingessata sino al ginocchio. Il mio morale era distrutto, ero di nuovo nell'impossibilità di lavorare e nella condizione di chiedere aiuto ai miei conoscenti che, torno a confermare, con generosità, anche in questa occasione sono stati tutti molto disponibili.
Ancora una volta, nelle mie lunghe notti insonni, il computer e la preghiera mi sono stati di gran conforto.
In quei giorni credevo che cosa peggiore non mi potesse capitare, ma ero veramente sciocca, non potevo mai intuire cosa mi era riservato nei mesi successivi.
Mi sembrava impossibile superare quei momenti, invece tutto passa e venne ancora il giorno di tornare in ospedale, ripetei tutta la trafila e di nuovo la mia gamba era libera, ancora terapia e poi ripresi servizio sul mio posto di lavoro, ma il dolore non accennava a diminuire anzi aumentava. Altro controllo medico, per sentirmi dire che in realtà l'osso non si era consolidato; non c'era altra soluzione che tenerlo ingessato per altri quindici giorni.
Il vero dramma ebbe inizio proprio in quel periodo.
Infatti, una notte fui colta da una copiosa emorragia, dovetti ancora ricorrere alle cure dei medici nello stesso ospedale, in cui ormai sembravo di casa, (gran parte del personale mi conosceva). Mi sottomisi con difficoltà e disagio alla visita e fui ricoverata, l'indomani i medici mi comunicarono che dovevo sottopormi ad un piccolo intervento. Pazienza, mi dissi, accettiamo tutto con rassegnazione. Io mi sentivo tranquilla, anche perché vidi alcune degenti che avevano eseguito lo stesso intervento a cui anche io mi dovevo sottoporre, una volta che erano ritornate al letto dichiararono di non aver sofferto assolutamente. Quando anche io fui portata in sala operatoria, ebbi una strana sensazione e pensai: mi sembra di essere in un lager e qui dentro di me faranno vivisezione, poi, mi addormentai sotto l'effetto dell'anestetico. Il mio risveglio, al contrario delle malate che mi avevano preceduto, non fu dei più tranquilli, dolori insopportabili mi laceravano l'intestino, i dottori mi fecero delle iniezioni e delle flebo con antidolorifici, così lentamente provai sollievo e l'indomani, forse un po' troppo precipitosamente, ma per mancanza di posti letto, mi dimisero. Io non me ne feci un cruccio, ben felice di tornare nella mia casa. Ringraziai il mio angelo custode e tutti santi, per il pericolo ormai superato; così io pensai, ma….
( Continua al prossimo numero) |