|
MALA SANITA'? Anna Pelle
La vigilia dell'intervento io ricevetti dalle amiche, innumerevoli telefonate di conforto. Io a una di esse dichiarai di avere la sensazione che l'indomani in quella sala operatoria i chirurghi di me avrebbero fatto vivisezione; al momento mi sembrava di scherzare per sminuire la tensione, ma poi nei mesi che seguirono molte volte mi son trovata a pensare che quelle parole per mia sventura si rivelarono profetiche. L'indomani mattina, con molta serenità, mi preparai ad affrontare l'intervento, decisi di trascorrere il tempo scrivendo, infatti, mi sembrava di avere molte cose in sospeso da dire ai miei parenti più prossimi, indirizzai ad ognuno di loro, ciò che il cuore mi dettava e, credo che loro l'abbiano compreso e accolto con amore. Mi svegliai dall'intervento e ricordo che vidi presso di me mio figlio, mio fratello, mia cognata e Rita, l'ineguagliabile e generosa Rita e suor Rifugio. Mi riaddormentai serena, la notte restò ad assistermi mia cognata e ciò mi fece immensamente piacere, finalmente stava sgretolandosi quella insormontabile barriera che da troppi anni ci divideva.
I giorni post operazione trascorsero lentamente e arrivò il mattino in cui mi avrebbero tolto i punti e poi dimessa. Invitata ad andare in medicherai per la visita di controllo e firmare la cartella per le dimissioni, io al medico in servizio dichiarai di aver avvertito uno strano rigonfiamento in un lato della cicatrice, lui verificò e diede disposizioni affinché mi venisse fatta un'ecografia, da questa risultò che in effetti c'era un ematoma interno, sicché decisero di trattenermi ancora un giorno in osservazione. L'indomani mattina, il prof. primario del reparto dopo una rapida visita, mi dimise, rassicurandomi che in breve tempo, l'ematoma si sarebbe riassorbito.
Rientrai felice a casa ma iniziai ad avere dolori e sensazioni che non erano spiegabili, infatti, dopo alcuni giorni ero ancora costretta a farmi iniettare degli antidolorifici molto forti.
Decisi di tornare in ospedale per avere un qualche aiuto e il medico che era in servizio, dopo avermi visitata, m'informò che doveva, con anestesia locale, praticarmi un'incisione per far uscire il liquido che si era formato nell'ematoma, così lui mi disse.
Il rimedio si rivelò inefficace, infatti il dottore, avendo appurato che il problema era più grave di quanto avesse immaginato, mi disse che dovevo tornare l'indomani per sottopormi ad un altro intervento chirurgico.
L'indomani mattina tornai in ospedale, con la convinzione che sarei dovuta restare chissà per quanti giorni, invece, il dottore appena mi vide, mi fece accompagnare in sala operatoria e una volta sdraiata sul lettino, mi fu sollevata la gonna, arrivò il professore, e dopo l'ennesima ecografia, sentenziò che per errore era stato cucito il nervo femorale, ma minimizzò l'accaduto dicendomi che bastava ripetere un'anestesia locale e tutto si sarebbe risorto in breve tempo.
Mi sottoposero a quell'ennesima tortura, completamente vestita. Quando finirono, io che avevo il telefonino in tasca, telefonai a suor Rifugio, per avvisarla di quanto mi stava accadendo, lei prontamente venne in ospedale e mi fu vicina fino a quando non mi misero a letto, poi andò via ed io restai vestita dei miei abiti sino a tarda sera, senza che nessuno del personale infermieristico o medico venisse in mio aiuto. Fui di nuovo dimessa e lo stesso professore dichiarò che ciò che era accaduto era stata una rara casualità ma, ora era tutto a posto.
Tornata a casa io ero stremata e distrutta sia fisicamente che moralmente, nonostante la costante presenza e l'affetto delle persone che ho menzionato in precedenza, poi come se non fossero stati già sufficienti i problemi accadutomi, ebbi nuovamente i forti dolori accompagnati da sensazioni di continue scosse elettriche che mi attraversavano l'addome.
Dopo giorni di indescrivibile sofferenza, un angelo venne in mio aiuto, fornendomi il nominativo di un medico chirurgo, questi, sentita la descrizione dei miei sintomi, mi ricevette lo stesso giorno e dopo avermi sottoposta ad altri accertamenti, sentenziò che il mio nervo era ancora cucito in altri tratti, di conseguenza dovevo ancora sottopormi ad un ennesimo intervanto chirurgico. Il Calvario era ancora in salita.
(Continua al numero successivo) |
|