IL MATRIMONIO NEL TERZO MILLENIO
matrimonio


MARZO 2023

 

Documento vaticano sul gender: sì al dialogo sugli studi, no all’ideologia

 

Uno strumento per affrontare il dibattito sulla sessualità umana e le sfide che emergono dall’ideologia gender, in un tempo di emergenza educativa. Questo vuol essere il documento “Maschio e femmina li creò. Per una via di dialogo sulla questione del gender nell’educazione” a firma del cardinale Giuseppe Versaldi, prefetto della Congregazione per l’educazione cattolica, e dell’arcivescovo Vincenzo Zani, segretario del Dicastero

Debora Donnini – Città del Vaticano

L’obiettivo del documento “Maschio e femmina li creò. Per una via di dialogo sulla questione del gender nell’educazione” è di sostenere quanti sono impegnati nell’educazione delle nuove generazioni ad affrontare “con metodo” le questioni oggi più dibattute sulla sessualità umana, alla luce del più ampio orizzonte dell’educazione all’amore. In particolare è diretto alle comunità educative delle scuole cattoliche e a quanti, animati da una visione cristiana, operano nelle altre scuole, a genitori, alunni, personale ma anche a vescovi, a sacerdoti e religiosi, a movimenti ecclesiali e associazioni di fedeli. La Congregazione per l’Educazione Cattolica, che ha preparato il testo, parla di “un’emergenza educativa”, in particolare sui temi dell’affettività e della sessualità davanti alla sfida che emerge da “varie forme di un’ideologia, genericamente chiamata gender, che nega la reciprocità e le differenze tra uomo e donna, “considerate come semplici effetti di un condizionamento storico-culturale”. L’identità verrebbe, quindi, consegnata ad “un’opzione individualistica, anche mutevole nel tempo”. Si parla di “disorientamento antropologico” che caratterizza il clima culturale del nostro tempo, contribuendo anche a destrutturare la famiglia. Un’ideologia che, tra l’altro, “induce progetti educativi e orientamenti legislativi che promuovono un’identità personale e un’intimità affettiva radicalmente svincolate dalla diversità biologica fra maschio e femmina”, si evidenzia citando Amoris laetitia. Questo il contesto in cui si colloca il Documento che vuole promuovere, appunto, una “metodologia articolata nei tre atteggiamenti dell’ascoltare, del ragionare e del proporre”. Un testo che si ispira al documento “Orientamenti educativi sull’amore umano. Lineamenti di educazione sessuale” del 1983 ed è anche arricchito da citazioni di Papa Francesco, Benedetto XVI, San Giovanni Paolo II, ma anche del Concilio Vaticano II, della Congregazione per la Dottrina della Fede e di altri documenti.

Dialogo con ascolto, ragionamento e proposta

Nell’intraprendere la via del dialogo sulla questione del gender nell’educazione, il Documento opera una distinzione fra “l’ideologia del gender e le diverse ricerche sul gender portate avanti dalle scienze umane”, notando che l’ideologia “pretende, come riscontra Papa Francesco, di ‘rispondere a certe aspirazioni a volte comprensibili’ ma cerca ‘di imporsi come un pensiero unico che determini anche l’educazione dei bambini’ e quindi preclude l’incontro”, mentre non mancano delle ricerche sul gender che cercano di approfondire adeguatamente il modo in cui si vive nelle diverse culture la differenza sessuale tra uomo e donna. Il Documento specifica quindi che “è in relazione con queste ricerche che è possibile aprirsi all’ascolto, al ragionamento e alla proposta”.

Nel breve excursus storico sull’avvento delle concezioni gender nel XX secolo, si rileva co--

me all’inizio degli anni ’90 si sia arrivati perfino a “teorizzare una radicale separazione fra genere (gender) e sex (sesso), con la priorità del primo sul secondo. Tale traguardo viene visto come una tappa importante dell’evoluzione dell’umanità, nella quale ‘si prospetta una società senza differenze di sesso’”. E in “una crescente contrapposizione fra natura e cultura”, le proposte gender confluiscono nel “queer”, cioè in una “dimensione fluida”, “al punto da sostenere la completa emancipazione dell’individuo da ogni definizione sessuale data a priori, con la conseguente scomparsa di classificazioni considerate rigide”.

PUNTI DI INCONTRO E CRITICITÀ

Versaldi: “Sul gender dobbiamo dialogare senza rinunciare alla nostra identitàˮ 10/06/2019

Quindi, il Documento individua “alcuni possibili punti di incontro per crescere nella comprensione reciproca” nel quadro delle ricerche sul gender.

1.    Si apprezza l’esigenza di educare i bambini a rispettare ogni persona nella sua peculiare e differente condizione in modo che “nessuno, a causa delle proprie condizioni personali (disabilità, razza, religione, tendenze affettive, ecc.), possa diventare oggetto di bullismo, violenze, insulti e discriminazioni ingiuste”.

2.    Si sottolinea che un altro punto di crescita nella comprensione antropologica sono “i valori della femminilità, che sono stati evidenziati nella riflessione sul gender”. Si rileva l’immensa disponibilità delle donne a spendersi nei rapporti umani, specie a vantaggio dei più deboli: le donne realizzano “una forma di maternità affettiva, culturale e spirituale, dal valore veramente inestimabile, per l’incidenza che ha sullo sviluppo della persona e il futuro della società”.

3.    In merito alle criticità che si presentano nella vita reale, si evidenzia che le teorie gender - specialmente le più radicali - portano ad un allontanamento dalla natura: “identità sessuale e famiglia” divengono fondate su “una malintesa libertà del sentire e del volere”. Il Documento si sofferma, poi, sugli argomenti razionali che chiariscono la centralità del corpo come “elemento integrante dell’identità personale e dei rapporti familiari”:

4.    “il corpo è soggettività che comunica l’identità dell’essere”. Il dimorfismo sessuale, cioè la differenza sessuale fra uomo e donna, è infatti comprovato dalle scienze, ad esempio dai cromosomi. Si rileva anche “il processo di identificazione è ostacolato dalla costruzione fittizia di un ‘genere neutro’ o ‘terzo genere’”. Ci si richiama poi ad alcuni esempi di analisi filosofica. La formazione dell’identità si basa proprio sull’alterità: nel confronto con il “tu”, si riconosce il proprio “io”. Ad assicurare la procreazione è proprio la complementarietà fisiologica, basata sulla differenza sessuale, mentre il ricorso a tecnologie riproduttive può consentire la generazione ma comporta “manipolazioni di embrioni umani”, mercificazione del corpo umano, riduzione del bambino a “oggetto di una tecnologia scientifica”. Ricordata anche l’importante prospettiva di un dialogo fra fede e ragione.

Proporre l’antropologia cristiana

Il terzo punto è l’offerta della proposta che nasce dall’antropologia cristiana. Il primo passo consiste nel riconoscere che l’uomo possiede una natura che non può manipolare a piacere. Questo è il fulcro dell’ecologia integrale dell’uomo. Si ricorda, quindi il “maschio e femmina li creò” della Genesi e che la natura umana è da comprendere alla luce dell’unità di anima e corpo, in cui si integra la dimensione orizzontale della comunione interpersonale e quella verticale della comunione con Dio. In merito all’educazione si sottolinea, quindi, che il diritto-dovere educativo della famiglia non può essere totalmente delegato né usurpato da altri, che il bambino ha diritto a crescere con una mamma e un papà e che proprio all’interno della famiglia possa essere educato a riconoscere la bellezza della differenza sessuale. Da parte sua la scuola è chiamata a interagire con la famiglia in modo sussidiario e a dialogare rispettandone la cultura. In questo processo educativo, centrale è a anche ricostruire un’alleanza fra scuola, famiglia e società, che possono articolare “percorsi di educazione all’affettività e alla sessualità finalizzati al rispetto del corpo altrui”, per accompagnare i ragazzi in maniera sana e responsabile. In questo senso si mette in luce l’importanza che i docenti cattolici ricevano una preparazione adeguata sui diversi aspetti della questione del gender e siano informati sulle leggi in vigore e in discussione nei propri Paesi.

Via del dialogo percorso per trasformare incomprensioni in risorse

Nelle conclusioni si ribadisce che “la via del dialogo – che ascolta, ragiona e propone – appare come il percorso più efficace per una trasformazione positiva delle inquietudini e delle incomprensioni in una risorsa per lo sviluppo di un ambiente relazionale più aperto e umano” mentre “l’approccio ideologizzato alle delicate questioni del genere, pur dichiarando il rispetto delle diversità, rischia di considerare le differenze stesse in modo statico, lasciandole isolate e impermeabili l’una dall’altra”. Si ricorda anche che lo Stato democratico non può ridurre la proposta educativa a pensiero unico, sottolineando la legittima aspirazione delle scuole cattoliche a mantenere la propria visione della sessualità umana. Infine, si ricorda anche, per i centri educativi cattolici, l’importanza di “un percorso di accompagnamento discreto e riservato”, con cui si vada incontro anche “a chi si trova a vivere una situazione complessa e dolorosa”. La scuola deve, quindi, proporsi come un ambiente di fiducia, “specialmente in quei casi che necessitano tempo e discernimento” e creare “le condizioni per un ascolto paziente e comprensivo, lungi da ingiuste discriminazioni”

.

RIFLETTIAMO INSIEME

            Quello che è stato detto dalla Congregazione per l’educazione Cattolica nelle famiglie e nelle scuole è giusto, anche se il documento sarebbe dovuto uscire molto prima per evitare che tante scuole si preparassero a cuor leggero ad accogliere un progetto di educazione sessuale molto fuorviante e inopportuno.

L’esplodere di questo problema è stato effetto della propaganda mediatica e immediatamente le famiglie ne sono state coinvolte con grande sconcerto dei genitori. Non è bello sentirsi dire da tuo figlio/a che non si sente a suo agio nel suo sesso e che vuole cambiare sesso. Alcune famiglie per la vergogna hanno deciso di cambiare città, per affrontare da soli, nell’anonimato il grande dolore del cambiamento avvenuto nella loro famiglia e che mette in imbarazzo loro stessi nei rapporti con il figlio/a.

            Qualunque cosa si voglia dire è un fenomeno che causa dolore e proprio da questo comprendiamo che non viene da Dio. Il rispetto è dovuto a tutti e su questo non si transige, ma farne una bandiera, considerandolo una terza possibilità è fuorviante. Il sesso fluid è un’invenzione umana per avallare abitudini viziose acquisite in locali di vizio.

            Quando per vizio si acquisisce un comportamento sessuale disordinato, contro natura e antievangelico, l’abitudine crea una dipendenza che da chi la subisce può sembrare innata e quindi naturale e, come tutte le dipendenze crea un’esigenza incontenibile che grida per essere soddisfatta. Ma questo è il grido dell’anima schiava che geme nel suo disordine  e non anela alla luce perché è sommersa nel buio della passione. Il grido è talmente forte da desiderare  di cambiare sesso

            I ragazzi, nel periodo della loro crescita, soprattutto stando a contatto con amici a loro dire più emancipati, possono sentirsi a disagio e magari inadeguati alla società, ma questi sentimenti possono essere affrontati con un’educazione all’affettività e all’autostima che non metta in discussione il sesso  e la sessualità.

Situazione italiana

Ogni anno circa 100 italiani cambiano sesso. Sono persone, con un disturbo di identità di genere, che adeguano le loro caratteristiche sessuali primarie e secondarie al sesso al quale psichicamente sentono di appartenere. Per la famiglia cominciano problemi legali e medici.

L’iter legale. Operazione e cure sono in regime di assistenza pubblica. Occorre però, in base alla legge 164 del 1982, che il disturbo di identità di genere sia accertato da psicologo, sessuologo o psichiatra e che sia confermato da un consulente del Tribunale. A quel punto il giudice può dare il via libera.

Le indagini preliminari. Prima dell’operazione per cambiare sesso sono necessarie indagini andro-urologiche, endocrinologiche e psicologiche che non durano meno di tre anni.
Le cure ormonali: nel caso di adeguamento di sesso da maschio a femmina consistono nella somministrazione di 
estrogeni e antiandrogeni. I principali effetti sono: rallentamento della crescita di peli e barba; modesto aumento di volume del seno; diminuzione dell’erezione e poco alla volta anche dell’eiaculazione; aumento e una redistribuzione del grasso su fianchi e natiche. Tra gli effetti collaterali, calo della libido, aggressività, depressione, ipertensione, problemi epatici e rischio (molto ridotto) di tromboembolia polmonare.

La vaginoplastica. L’intervento dura circa tre ore e mezzo. Si asportano testicoli e corpi cavernosi del pene. Utilizzando lo scroto (la sacca che racchiude i testicoli), si fanno grandi e piccole labbra. Quindi si ricava una cavità tra retto e vescica dove, introflettendo la pelle del pene, si ottiene una vagina. Il clitoride si costruisce con una parte del glande (l’estremità del pene). Le complicazioni sono abbastanza rare: infezioni localizzate, fistole tra neovagina e retto o vescica, necrosi di parti del tessuto.

La riabilitazione. Una sorta di palloncino va lasciato in sede per i primi 15 giorni e poi va inserito durante la notte e tre volte al giorno per tre mesi. Il primo rapporto sessuale si può avere due mesi dopo l’intervento.

Cambiamento di sesso e salute Illustrazione di Laura Pittaccio  

Nel mondo i transessuali sono 25 milioni, eppure la loro salute è un rebus; Con queste premesse Lancet apre una serie di articoli che fanno seguito al congresso della World Professional Association for Transgender Health (Wpath), che ad Amsterdam ha concluso i lavori stilando una serie di raccomandazioni. Ma, sul terreno ci sono più problemi che soluzioni.

«Transessuale è colui o colei che desidera attuare o ha già attuato una transizione sociale, somatica o chirurgica da maschio a femmina (M to F) o viceversa (F to M) perché soffre di disforia di genere. Ma cosa sia per la medicina la “disforia di genere” è faccenda controversa. «Resta una malattia. Ma con la parola “malattia” associata a una condizione si aprono spazi per la discriminazione, come ha dimostrato la storia delle cosiddette “malattie mentali”. Tuttavia, come fa notare l’endocrinologa, è altrettanto vero che quando si rientra in un quadro patologico i servizi sanitari sono obbligati a fornire tutta l’assistenza necessaria. «Prima della pubertà l’unica azione che si deve intraprendere è di carattere psicologico perché l’identità sessuale è molto fluida, e i bambini non devono essere indirizzati». Più tardi, ai primi segni di sviluppo, le linee guida dell’Endocrine Society americana e la Wpath suggeriscono l’impiego dei bloccanti ipofisari, farmaci che arrestano lo sviluppo sessuale per dare tempo al ragazzo di capire meglio che tipo di strada imboccare; anche in Italia questa terapia, necessaria in casi molto specifici, è possibile, ma solo dopo il via libera del comitato etico.

Una volta che il transessuale è diventato adulto può intraprendere, se vuole, la via del trattamento farmacologico o chirurgico. Spiega Fisher: «Si tratta di decisioni da prendere solo dopo un percorso di indagini psicologiche e fisiologiche che chiariscano anche molto bene il quadro metabolico della persona e l’assenza di controindicazioni mediche». Presa la decisione, il percorso prevede la terapia ormonale che in media dura tra i 2 e i 4 anni. In molti casi, non si va oltre. Spesso, però, il passo successivo è la chirurgia. L’intervento è complesso, lungo, demolitivo e dall’esito non sempre certo. Con effetti collaterali importanti: per esempio, non è infrequente avere difficoltà nella minzione, e impossibilità a raggiungere l’orgasmo con l’organo ricostruito.

Ma è nella nuova condizione che iniziano le complicazioni mediche. E non è tutto. I rischi sono tanti perché non si sa praticamente nulla. Si sa solo che i transessuali rischiano di più, a volte molto di più. L’unico consiglio valido per chi ha questo problema è: rivolgersi solo a centri pubblici, ad alta specializzazione.

QUESTIONARIO PER LA RIFLESSIONE PERSONALE

1.    La transessualità è un problema da non augurare a nessuna famiglia, come prevenirla?

2.    Nella tua famiglia si dà uguale rispetto ad entrambi i sessi o ci sono preferenze?

3.    Nella scuola dei tuoi figli si fa educazione all’affettività? Controlli i contenuti?

4.    Conosci gli amici dei tuoi figli? Sei informata sulle loro abitudini familiari?

5.    Riesci a tenere un dialogo aperto con i tuoi figli, per capire cosa stanno  assorbendo fuori casa?

6.    Siete in grado di parlare con i vostri figli della sessualità in maniera dignitosa?

7.    Frequentate ambienti psicologicamente e spiritualmente sani?

Torna all'inizio
© Forma e contenuto del sito sono proprietà intellettuali riservate
Questo sito è ottimizzato per Internet Explorer 5 o superiore