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APRILE 2014

     

L’AMORE SPONSALE VERSO IL SIGNORE

«A mezzanotte si levò un grido: Ecco lo sposo, andategli incontro!...

Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora» (Mt 25,6.13)

 

Anche grazie alle sue esperienze mistiche, Madre Speranza ha compreso chiaramente che la consacrazione religiosa costituisce un vero patto sponsale con il Signore: un patto che possiede un sapore biblico; che coinvolge la persona tutta intera; che esige slancio amoroso e immolazione permanente; e che si apra poi ad una maternità (o paternità) di natura spirituale nei confronti del prossimo.

  • «Gesù mio, tienimi vicino, molto vicino a Te... Fa’ del mio cuore la tua dimora perpetua; e non          permettere che vi entri giammai l’amore per nessuna creatura... Illumina i miei sensi con la luce       della tua carità; e sii solo Tu a incamminarmi e istruirmi nei sentimenti più intimi del tuo Cuore.   Degnati di avvolgere il mio spirito nel tuo così fortemente, che io rimanga sepolta in Te e così    mi veda libera da me stessa. E vestimi della purezza della tua innocentissima vita». 1 
  • «Padre mio, come vorrei spiegare quella delizia d’amore che si sente nell’anima al contatto con    il Buon Gesù! Però lo vedo impossibile, perché non si tratta di un movimento delle labbra, ma di         un inno del cuore. Non è un semplice rumore di parole, ma salti di felicità, dove – secondo Lui –    si uniscono non le voci, ma le volontà. Egli mi dice inoltre che la delizia dell’amore mai si potrà          spiegare, né mai si potrà udire al di fuori di sé, perché è una melodia percepita solo da chi la       canta e da colui al quale viene cantata. E’ – secondo Lui – un canto nuziale che esprime i casti e       deliziosi abbracci di due anime, con l’unione dei sentimenti e la mutua corrispondenza degli affetti. Che forte è tutto ciò, Padre mio! E quanta felicità si incontra in questo mistero! Amiamo            il nostro Dio con tutta l’anima, affinché il nostro Dio si consegni alla nostra anima con grande          veemenza!». 2
  • «Figlie mie, chi potrà mai spiegare la dolce intimità, l’espressiva tenerezza e l’ ardente carità che       unisce l’anima casta con il suo Dio? “Vieni – le dice Gesù –, ti porrò l’anello dell’alleanza, ti          coronerò di onore, ti rivestirò di gloria e ti farò gioire delle mie comunicazioni ineffabili di pace   e di consolazione» 3
  • «Figlie mie, la verginità consacrata possiede il merito e l’eccellenza del martirio. Con essa noi   offriamo in sacrificio al Buon Gesù non solo il corpo ma anche il cuore. L’anima che sceglie per        sempre questa condizione di vita dice al suo Dio: “Tu, Signore, sei il mio tesoro; in Te ho posto    il mio amore e Tu mi basti; non ho bisogno d’altro per appagare il mio cuore”... La persona che           sceglie Gesù come Sposo non è padrona di offrire il proprio affetto a nessuna creatura terrena, dato che deve vivere tutta per Colui che è già tutto per lei. Così essa è martire dell’Amore      Divino; è ostia viva e gradita agli occhi del suo Dio». 4
  • «Teniamo presente che il cuore è la fonte degli affetti spontanei, ma la volontà è la fonte degli      affetti deliberati. Ora, gli uni e gli altri debbono essere purificati nel fuoco della carità, sapendo che chi dice carità dice amore, ma chi dice amore non sempre dice carità. Noi non dobbiamo né             possiamo amare il prossimo per noi stessi, perché ciò sarebbe un amore egoista; e neppure per se       stesso; dobbiamo invece amarlo nella misura in cui ci conduce alla gloria di Gesù». 5

ILMATRIMONIO SACRAMENTO E SPONSALITA’ CON DIO             Non solo l’anima consacrata può ambire alla sponsalità con Dio ma ogni anima. L’amore che Dio ci offre è di tipo sponsale. Lui vuole accoglierci tutti nell’alveo del suo amore trinitario e perciò ci vuole accogliere nella sua intimità. Che altro è il Paradiso se non la comunione con Dio?            L’anima, qualsiasi vocazione abbia ricevuto su questa terra, se ha compiuto i passi precedenti, se si è purificata, se si è completamente data a Dio, se s’incontra con Lui nella preghiera del cuore e s’incontra ancora con Lui nel mistero dei fratelli, può cominciare a parlare di matrimonio spirituale.            Nel matrimonio i due hanno un unico progetto di vita, ognuno ha rinunciato ai suoi progetti personali per far proprio il progetto coniugale, armonicamente accolto e consacrato.            L’anima che ha rinunciato ai suoi progetti per impegnarsi nel progetto divino che Gesù le ha rivelato, tende alla perfezione dell’amore per Dio, anche passando attraverso il coniuge e i figli.            L’anima impegnata, secondo la sua vocazione nel matrimonio terreno, vede la relazione col coniuge saldamente inserita in quella di Dio: il coniuge è amato col cuore stesso di Dio, è amato come ama Dio che non ci ama perché siamo amabili ma perché Lui è Amore. L’anima decodifica l’amore spirituale che Dio ha per il coniuge, declinandolo nei gesti d’amore di cui il coniuge ha bisogno.             Altrettanto si dica per i figli, questi sono figli di Dio prima che essere figli suoi e perciò li tratta con amore delicato, attento, premuroso, cercando di custodire la loro innocenza finché piccoli, avviandoli a vivere onestamente, da veri cristiani man mano che crescono. Cerca di farli crescere in età, sapienza e grazia come la Madonna ha fatto crescere Gesù. La maternità e paternità è un compito che la coppia ha ricevuto da Dio e perciò è chiamata ad assolverlo con la massima attenzione, come si conviene a ciò che appartiene a Dio.            La giornata di una coppia santa viene vissuta come una liturgia: Il sorgere di ogni nuovo giorno inizia nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo e quindi ci si inserisce fin dal primo istante nel mistero trinitario, sintonizzandosi al ritmo del giorno che nasce dopo ogni notte, e della notte che giunge puntuale a scandire il tempo del lavoro e del riposo. Si lascia avvolgere al mattino dalla luce calda del sole, che arriva come una carezza di Dio a darci il buongiorno e dall’ombra quieta della sera che concilia l’incontro confidenziale con Dio e poi si abbandona tra le sue braccia che, come una “Tenera Madre” spegne le luci del giorno e stende come una coperta sui suoi figli, stanchi dalle fatiche del giorno.            L’anima amante come dà il bacio del buongiorno e della buonanotte ai familiari, lo dà anche a Dio, chiedendogli magari perdono se pensa di averlo trascurato.            L’anima ha bisogno di relazioni come il corpo. Il rapporto con Dio nella fede è la relazione con il Vivente e quindi tratta con Lui come con il più caro amico, come con lo sposo al quale non si nasconde niente. Forte della sua esperienza, ha una grande fiducia in Lui che l’ha tirata fuori anche dalla notte buia, quando aveva l’impressione di gridare verso un cielo vuoto, l’ha sostenuta quando tutti, vedendo l’anima raminga, come la sposa del Cantico dei cantici e pensavano che sarebbe tornata verso il nulla. Così non è stato perché in realtà Lui si era solo ritirato, per vedere se l’amata l’avrebbe cercato e vedendola angosciata l’ha riempita di meriti e di grazie di predilezione che l’hanno irrobustita spiritualmente, mentre Egli ha avuto la prova che l’amata è tutta per sé.            Adesso, allenata al dolore dell’assenza, confortata dalla certezza della presenza, l’anima non chiede più attestati d’amore, sa che Lui è l’Amore e l’ama perdutamente, questo le basta.            Il fervore sensibile, se c’è è dono e ringrazia, ma se non c’è non cambia niente, la relazione con Dio continua e Lui, sia pure senza travolgerla in un amore appassionato, continua a stupirla con mille attenzioni che la colmano di meraviglia.            La fede pian piano è divenuta certezza e ora tutto quello che si vuole è fare la volontà dell’Amato.             Questo amore non divide la coppia ma la unisce sempre più, perché l’anima che si dona a Dio pian piano si perfeziona nell’amore e impara ad amare come Gesù, magari di amore di compiacenza, quando l’amore è corrisposto, di amore di attesa, quando si spera che l’altro/a pian piano imparerà a sua volta ad amare, di amore sofferente quando l’amore è crocifiggente, come lo sa rendere l’egoismo non controllato.            Questo ha vissuto la Madre Speranza, questo ha insegnato ai suoi figli. La vita con Gesù è canto d’amore sempre, la scena di questo mondo passa anche con il suo carico di gioie e di dolore che, se vissuto in ambito redentivo, cioè se valorizzato unendolo a quello dell’innocente Redentore, diventa addirittura desiderabile. 

  • «Stiano attenti i Religiosi a non ingannarsi dicendo che, in fondo, la perfezione consiste nella purezza interiore del cuore; poiché, se questo è vero, è altrettanto vero che la purezza interiore non la si ottiene senza la mortificazione dei sensi e il controllo del corpo, atteggiamenti che fanno da riparo alla purezza interiore: un po’ come la frutta che non arriva a maturazione senza la buccia». 6
  • «Il non mortificarsi è più faticoso che il mortificarsi, dato che per mezzo della mortificazione si sottomette l’istinto alla ragione e alla volontà e queste al nostro Dio... La mortificazione va accompagnata dall’orazione: perché la prima senza la seconda cade nella superbia; e la seconda senza la prima non è costante... I mezzi per praticare la mortificazione sono: 1) passivi: accettando tutte le occasioni che ci si presentano, senza cercarle; 2) attivi: cercando tutte le occasioni possibili, nel rispetto della Legge divina e delle nostre Costituzioni». 7
  • «Alcune mortificazioni sono per noi molto necessarie non soltanto per avanzare nella perfezione, ma anche per raggiungere la salvezza, dato che senza di loro ci esponiamo a cadere in peccato mortale. Non ci dimentichiamo che in noi esiste una lotta incessante; e che non possiamo mantenerci fedeli al Signore se non rinunciamo all’amore disordinato verso noi stessi, verso gli onori e verso i piaceri. Se vogliamo raggiungere la perfezione che il Buon Gesù desidera da noi, dobbiamo abbracciare la croce; e reprimere il desiderio degli onori per mezzo dell’ umiltà e il desiderio dei piaceri per mezzo della mortificazione o penitenza». 8
  • «Se vogliamo veramente arrivare al grado di santità che il Signore ci chiede, dobbiamo castigare il nostro corpo e i nostri sensi senza alcuna compassione. Consideriamo infatti che un corpo ben mortificato è un servitore molto utile; un corpo non mortificato invece è un nemico molto pericoloso, che tende sempre ad asservire lo spirito e non viceversa. E il pericolo maggiore è che esso sta con noi sempre e ovunque; e che i suoi sensi sono altrettante porte aperte...». 9
  • «La Madre non era affatto scrupolosa e ci diceva le cose con estrema chiarezza; però era anche personalmente casta negli sguardi, nelle parole e in tutto il suo comportamento. Nonostante la sua grande virtù, faceva uso di tante penitenze corporali, al punto che il suo corpo era completamente rovinato... Lei faceva uso continuo di cilici e discipline, che fabbricava da se stessa». 10  
  • «Un giorno, vedendo la Madre camminare a fatica (mentre era) appoggiata alla mia mano, le domandai se soffrisse molto. E lei mi rispose: “Questo corpo – di mio uso – è capitato male con me, figlio mio”». 11

             La Madre trattava il corpo come uno strumento di santificazione, perché noi, finché viviamo su questa terra, abbiamo l’anima che vivifica un corpo, perciò ci esprimiamo attraverso il corpo, parliamo attraverso il corpo, guardiamo, agiamo attraverso il corpo ma chi vive veramente è l’anima perciò, come dice la Madre, il corpo è un servitore non troppo docile, piuttosto esigente e se non lo dominiamo, se non gli imponiamo di compiere il suo dovere, facilmente si lascia prendere dalla pigrizia, dal più piacevole, dal più comodo, insomma da servo diventa il nostro padrone e noi diventiamo i suoi schiavi. Si inverte l’ordine degli addenti ma la somma non è la stessa perché se lo rendiamo docile alla nostra volontà e la nostra volontà è docile a quella di Dio, ci aiuta a santificarci, se invece noi ci sottomettiamo ai suoi capricci ci fa perdere tempo prezioso nel migliore dei casi, ci fa compiere azioni delle quali in seguito dovremo pentirci, non ci fa progredire nel perfezionamento di noi stessi e quindi ci allontana dalla perfezione a cui siamo chiamati, se vogliamo accogliere la grande proposta di Dio che è l’immortalità nella gloria ma che si ottiene utilizzando tutto il tempo che Dio ci ha concesso, perfezionandoci nell’amore.            La Madre non era nemica del sano divertimento: gli incontri ricreativi con lei erano piacevoli perché aveva anche il giusto umorismo, le feste si dovevano distinguere non solo in chiesa ma anche al refettorio, ai suoi figli ha dato una regola equilibrata che prevede un giusto rapporto – preghiera, lavoro, riposo – se poi era arrivata non solo ad accettare la sofferenza e santificarla, ma anche a desiderarla, era perché, alla scuola di Gesù, aveva capito la sua preziosità per la salvezza delle anime e quindi la chiedeva per poter aiutare tanti figli prodighi a tornare alla casa del Padre, tante pecorelle smarrite all’ovile di Cristo. Lei diceva che un’anima sposa di Cristo crocifisso non può che desiderare di vivere con Lui sulla stessa croce.            A rendere meno sgradito il sacrificio è il fine che l’anima si prefigge.             Anche lo sportivo che vuole raggiungere i suoi obiettivi si sottopone ad una severa disciplina, ma lo fa per raggiungere il povero podio che desidera.            Il traguardo che si prefigge l’anima è molto più ambizioso e per questo può esigere molto sacrificio perché molto dà.            La Madre Speranza diceva che per intraprendere il sentiero della santità, bisogna salire tre gradini:            “Per giungere alla santità l’anima deve salire tre gradini, cioè tre gradi di pietà:

  • L’anima deve chiudere la porta al peccato mortale. L’anima che ancora è schiava del peccato mortale non può superare questo primo scalone.L’anima deve chiudere la porta al peccato veniale.
  • L’anima si spoglia dei suoi gusti, desideri, volontà e tende, in tutte le sue azioni di una certa importanza, di procurare la maggior gloria di Dio.

            Saliamo questi tre gradini e l’anima, avendo preso ormai l’abitudine a rinunciare a se stessa e a sacrificarsi per procurare sempre la gloria di Dio, entra già nel cammino di santità nel quale vuole inoltrarsi, senza badare a difficoltà e spine che può incontrare nel cammino; tutto è piccolo per l’anima generosa, che fissa lo sguardo su Gesù e non ha altro desiderio che di sacrificarsi per la sua maggior gloria.                                Solo dopo aver superato i tre gradini: allontanamento dal peccato mortale, dal peccato veniale e dalle imperfezioni si può cominciare a parlare di rapporto di intimità con Dio, di vera passione per Lui e anche di matrimonio spirituale, se l’anima ha rinunciato ad ogni suo progetto e ha assunto ormai come proprio il progetto di Dio; ed ha anche una grande passione per i fratelli, che desidera avvicinare al Cuore Misericordioso di Gesù. VERIFICA PERSONALE

  • Ti sembra di aver superato il gradino del peccato mortale?Verifica con attenzione come vivi tutti i comandamenti e i sacramenti.Ti sembra di aver superato il gradino del peccato veniale deliberato?Verifica se ti concedi ancora piccole bugie, critiche, incostanza nella preghiera, poca sensibilità misericordiosa verso i poveri di beni e anche verso i poveri spirituali…Ti sembra di aver salito il gradino dell’attenzione delicata verso Dio e verso i fratelli?Verifica se la tua conoscenza di Dio e del suo amore è abbastanza cresciuta, se riesci a capire il suo modo di amare in maniera incondizionata tutti i suoi figli, privilegiando in questo amore i più poveri, i più emarginati, i più perduti, per poterli redimere nel suo Amore Misericordioso.Se i sentimenti di Gesù cominciano ad essere i tuoi sentimenti, puoi dire che la tua vita si sta orientando verso la vera intimità con Lui.Se in famiglia riesci a dare ai tuoi familiari un amore puro, facendo filtrare nel tuo cuore l’amore di Dio, puoi dire di non essere lontano dal Regno di Dio.
  • Se non riesci a farlo sempre ma ci provi con costanza, non ti scoraggiare, persevera.

1             MADRE SPERANZA ALHAMA, Diario, 13 novembre 1942 (n. 843-847).

2             MADRE SPERANZA ALHAMA, Diario, 29 dicembre 1953 (n. 1390-1391).

3             MADRE SPERANZA ALHAMA, Consigli pratici, anno 1941 (n. 190).

4             MADRE SPERANZA ALHAMA, Riflessioni, anno 1961 (n. 35-37).

5             MADRE SPERANZA ALHAMA, Consigli pratici, anno 1941 (n. 167).

6             MADRE SPERANZA ALHAMA, Libro delle Usanze per i FAM, anno 1954, parte 2,12.

7             MADRE SPERANZA ALHAMA, Libro delle Usanze per i FAM, anno 1954, parte 2,9.

8             MADRE SPERANZA ALHAMA, Bilancio mensile, anno 1955 (n. 123-125).

9             MADRE SPERANZA ALHAMA, Le mortificazioni, anno 1955 (n. 2-3).

10            SUOR ANNA MENDIOLA, Testimonianza processuale.

11            FRATEL ENNIO FIERRO, Testimonianza processuale.

 

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Ultimo aggiornamento: 12 novembre 2021
 
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