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GIUGNO 2008

 

 

 

L’IMPEGNO CRISTIANO RICHIEDE SACRIFICIO

           

            Leggendo il capitolo 20 degli Atti, si può notare che Paolo e i suoi collaboratori non possono restare tranquilli in nessun luogo: lo spirito del male, che s’insinuava nel cuore degli antichi fratelli di fede, sia pure travestendosi da angelo di luce (perché questi fratelli si ritenevano paladini della legge consegnata da Dio a Mosé), non gli davano tregua.

            L’Apostolo, con la passione e lo zelo che gli urgono in cuore, continua la sua missione nelle case, fino a tarda notte, quando non lo può fare nelle sinagoghe. La famiglia è sempre stata la prima alleata dell’evangelizzazione.

 

Il primo giorno della settimana ci eravamo riuniti a spezzare il pane e Paolo conversava con loro; e poiché doveva partire il giorno dopo, prolungò la conversazione fino a mezzanotte. C'era un buon numero di lampade nella stanza al piano superiore, dove eravamo riuniti; un ragazzo chiamato Eutico, che stava seduto sulla finestra, fu preso da un sonno profondo mentre Paolo continuava a conversare e, sopraffatto dal sonno, cadde dal terzo piano e venne raccolto morto. Paolo allora scese giù, si gettò su di lui, lo abbracciò e disse: «Non vi turbate; è ancora in vita!». Poi risalì, spezzò il pane e ne mangiò e dopo aver parlato ancora molto fino all'alba, partì. Intanto avevano ricondotto il ragazzo vivo, e si sentirono molto consolati. (At 20:7-12)

 

Questo ragazzo che partecipa alle riunioni degli adulti, ci fa capire che i genitori cristiani sentivano il bisogno di educare i figli alla fede fin dalla più tenera età e con il miracolo che Paolo ottiene, il Signore ci fa capire che la sua protezione è sempre su quelli che lo temono.

E’ bello il discorso che Paolo fa ai capi della Chiesa di Efeso:

 

Da Milèto mandò a chiamare subito ad Efeso gli anziani della Chiesa. Quando essi giunsero disse loro: «Voi sapete come mi sono comportato con voi fin dal primo giorno in cui arrivai in Asia e per tutto questo tempo: ho servito il Signore con tutta umiltà, tra le lacrime e tra le prove che mi hanno procurato le insidie dei Giudei. Sapete come non mi sono mai sottratto a ciò che poteva essere utile, al fine di predicare a voi e di istruirvi in pubblico e nelle vostre case, scongiurando Giudei e Greci di convertirsi a Dio e di credere nel Signore nostro Gesù. Ed ecco ora, avvinto dallo Spirito, io vado a Gerusalemme senza sapere ciò che là mi accadrà. So soltanto che lo Spirito Santo in ogni città mi attesta che mi attendono catene e tribolazioni. Non ritengo tuttavia la mia vita meritevole di nulla, purché conduca a termine la mia corsa e il servizio che mi fu affidato dal Signore Gesù, di rendere testimonianza al messaggio della grazia di Dio.

Ecco, ora so che non vedrete più il mio volto, voi tutti tra i quali sono passato annunziando il regno di Dio. Per questo dichiaro solennemente oggi davanti a voi che io sono senza colpa riguardo a coloro che si perdessero, perché non mi sono sottratto al compito di annunziarvi tutta la volontà di Dio. Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha posti come vescovi a pascere la Chiesa di Dio, che egli si è acquistata con il suo sangue. Io so che dopo la mia partenza entreranno fra voi lupi rapaci, che non risparmieranno il gregge; perfino di mezzo a voi sorgeranno alcuni a insegnare dottrine perverse per attirare discepoli dietro di sé. Per questo vigilate, ricordando che per tre anni, notte e giorno, io non ho cessato di esortare fra le lacrime ciascuno di voi.

Ed ora vi affido al Signore e alla parola della sua grazia che ha il potere di edificare e di concedere l'eredità con tutti i santificati. Non ho desiderato né argento, né oro, né la veste di nessuno. Voi sapete che alle necessità mie e di quelli che erano con me hanno provveduto queste mie mani. In tutte le maniere vi ho dimostrato che lavorando così si devono soccorrere i deboli, ricordandoci delle parole del Signore Gesù, che disse: Vi è più gioia nel dare che nel ricevere!».

                                                                                                                                 (At 20:17-35)

Paolo riassume la sua predicazione nell’annuncio che Dio ama gli uomini. Poi, come un padre responsabile, lascia il suo testamento spirituale, esortandoli a rimanere fermi nella fede, anche nel momento della prova. Egli ha fatto il suo dovere di apostolo zelante, ora li affida a Dio.

Noi uomini, qualunque sia la nostra missione, siamo solo collaboratori di Dio per un tempo limitato. Poi ognuno dovrà seguire il suo percorso, che sia padre di figli, madre, sacerdote, guida di anime. Dobbiamo considerare una grazia ogni giorno che ci è concesso di rimanere accanto ai figli o alle persone che il Signore ci ha affidato. Sapendo che non dipende da noi e non è in nostro potere, guidare i figli fino alla maturità affettiva e di giudizio.

Paolo, come Gesù, va a Gerusalemme dove sa che lo attendono incomprensioni e sofferenze. I cristiani vogliono trattenerlo, ma lui, con la forza che gli viene dallo Spirito, li convince a fare la volontà del Signore:

            Eravamo qui da alcuni giorni, quando giunse dalla Giudea un profeta di nome Agabo. Egli venne da noi e, presa la cintura di Paolo, si legò i piedi e le mani e disse: «Questo dice lo Spirito Santo: l'uomo a cui appartiene questa cintura sarà legato così dai Giudei a Gerusalemme e verrà quindi consegnato nelle mani dei pagani». All'udir queste cose, noi e quelli del luogo pregammo Paolo di non andare più a Gerusalemme. Ma Paolo rispose: «Perché fate così, continuando a piangere e a spezzarmi il cuore? Io sono pronto non soltanto a esser legato, ma a morire a Gerusalemme per il nome del Signore Gesù». E poiché non si lasciava persuadere, smettemmo di insistere dicendo: «Sia fatta la volontà del Signore!». (At 21:10-14)

                Giunto a Gerusalemme, Paolo si presenta a Giacomo, responsabile di quella Chiesa. Lui, l’Apostolo intrepido e coraggioso, che affronta pericoli e carcere per Gesù, deve sottoporre il suo operato al giudizio di Giacomo, Vescovo di Gerusalemme. L’accusa contro Paolo era sempre la stessa: la circoncisione e l’accesso dei pagani nel tempio, questo nonostante Dio avesse dimostrato più volte che non faceva differenze fra giudei e pagani. Purtroppo Israele faceva fatica a staccarsi dalle vecchie norme, per accogliere la novità di Gesù; semmai erano disposti a sommare, ad aggiungere il nuovo al vecchio, ma non a togliere il vecchio. Paolo, per non essere condannato, deve sottoporsi al rito di purificazione come fosse un peccatore. Lo fa per non scandalizzare i deboli.

            Nonostante tutto l’ira dei suoi nemici si scatena ugualmente e vogliono lapidarlo, ma intervengono le truppe romane e lo proteggono. Poi Paolo parla al popolo così:

«Fratelli e padri, ascoltate la mia difesa davanti a voi». Quando sentirono che parlava loro in lingua ebraica, fecero silenzio ancora di più. Ed egli continuò: «Io sono un Giudeo, nato a Tarso di Cilicia, ma cresciuto in questa città, formato alla scuola di Gamaliele nelle più rigide norme della legge paterna, pieno di zelo per Dio, come oggi siete tutti voi. Io perseguitai a morte questa nuova dottrina, arrestando e gettando in prigione uomini e donne, come può darmi testimonianza il sommo sacerdote e tutto il collegio degli anziani. Da loro ricevetti lettere per i nostri fratelli di Damasco e partii per condurre anche quelli di là come prigionieri a Gerusalemme, per essere puniti.

Mentre ero in viaggio e mi avvicinavo a Damasco, verso mezzogiorno, all'improvviso una gran luce dal cielo rifulse attorno a me; caddi a terra e sentii una voce che mi diceva: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? Risposi: Chi sei, o Signore? Mi disse: Io sono Gesù il Nazareno, che tu perseguiti. Quelli che erano con me videro la luce, ma non udirono colui che mi parlava. Io dissi allora: Che devo fare, Signore? E il Signore mi disse: Alzati e prosegui verso Damasco; là sarai informato di tutto ciò che è stabilito che tu faccia. E poiché non ci vedevo più, a causa del fulgore di quella luce, guidato per mano dai miei compagni, giunsi a Damasco.

Un certo Anania, un devoto osservante della legge e in buona reputazione presso tutti i Giudei colà residenti, venne da me, mi si accostò e disse: Saulo, fratello, torna a vedere! E in quell'istante io guardai verso di lui e riebbi la vista. Egli soggiunse: Il Dio dei nostri padri ti ha predestinato a conoscere la sua volontà, a vedere il Giusto e ad ascoltare una parola dalla sua stessa bocca, perché gli sarai testimone davanti a tutti gli uomini delle cose che hai visto e udito. E ora perché aspetti? Alzati, ricevi il battesimo e lavati dai tuoi peccati, invocando il suo nome.

Dopo il mio ritorno a Gerusalemme, mentre pregavo nel tempio, fui rapito in estasi e vidi Lui che mi diceva: Affrettati ed esci presto da Gerusalemme, perché non accetteranno la tua testimonianza su di me. E io dissi: Signore, essi sanno che facevo imprigionare e percuotere nella sinagoga quelli che credevano in te; quando si versava il sangue di Stefano, tuo testimone, anch'io ero presente e approvavo e custodivo i vestiti di quelli che lo uccidevano. Allora mi disse: Và, perché io ti manderò lontano, tra i pagani». (At 22:1-21)

Neanche il racconto ordinato dei fatti convinse i protervi. Allora i Romani lo portarono nella fortezza per frustarlo, ma lui si dichiarò cittadino romano e fu risparmiato. Come Gesù, Paolo viene portato di tribunale in tribunale. Alcuni ebrei avevano addirittura fatto voto di non mangiare nulla fino a quando non avessero ucciso Paolo. Questo ci fa capire come un falso zelo può portarci lontano dalla verità e dalla giustizia.

Condotto in tribunale, Paolo usa anche l’intelligenza e l’astuzia per impedire ai fratelli di commettere il delitto di un innocente:

Con lo sguardo fisso al sinedrio Paolo disse: «Fratelli, io ho agito fino ad oggi davanti a Dio in perfetta rettitudine di coscienza». Ma il sommo sacerdote Anania ordinò ai suoi assistenti di percuoterlo sulla bocca. Paolo allora gli disse: «Dio percuoterà te, muro imbiancato! Tu siedi a giudicarmi secondo la legge e contro la legge comandi di percuotermi?». E i presenti dissero: «Osi insultare il sommo sacerdote di Dio?». Rispose Paolo: «Non sapevo, fratelli, che è il sommo sacerdote; sta scritto infatti: Non insulterai il capo del tuo popolo».

Paolo sapeva che nel sinedrio una parte era di sadducei e una parte di farisei; disse a gran voce: «Fratelli, io sono un fariseo, figlio di farisei; io sono chiamato in giudizio a motivo della speranza nella risurrezione dei morti». Appena egli ebbe detto ciò, scoppiò una disputa tra i farisei e i sadducei e l'assemblea si divise. I sadducei infatti affermano che non c'è risurrezione, né angeli, né spiriti; i farisei invece professano tutte queste cose. Ne nacque allora un grande clamore e alcuni scribi del partito dei farisei, alzatisi in piedi, protestavano dicendo: «Non troviamo nulla di male in quest'uomo. E se uno spirito o un angelo gli avesse parlato davvero?». La disputa si accese a tal punto che il tribuno, temendo che Paolo venisse linciato da costoro, ordinò che scendesse la truppa a portarlo via di mezzo a loro e ricondurlo nella fortezza. La notte seguente gli venne accanto il Signore e gli disse: «Coraggio! Come hai testimoniato per me a Gerusalemme, così è necessario che tu mi renda testimonianza anche a Roma». (At 23:1-11)

Ma la persecuzione contro l’Apostolo non è finita: ancora una congiura contro di lui. Questa volta il Signore si serve di un bambino per salvare il suo predicatore.

            Fattosi giorno, i Giudei ordirono una congiura e fecero voto con giuramento esecratorio di non toccare né cibo né bevanda, sino a che non avessero ucciso Paolo. Erano più di quaranta quelli che fecero questa congiura. Si presentarono ai sommi sacerdoti e agli anziani e dissero: «Ci siamo obbligati con giuramento esecratorio di non assaggiare nulla sino a che non avremo ucciso Paolo. Voi dunque ora, insieme al sinedrio, fate dire al tribuno che ve lo riporti, col pretesto di esaminare più attentamente il suo caso; noi intanto ci teniamo pronti a ucciderlo prima che arrivi».

Ma il figlio della sorella di Paolo venne a sapere del complotto; si recò alla fortezza, entrò e ne informò Paolo. Questi allora chiamò uno dei centurioni e gli disse: «Conduci questo giovane dal tribuno, perché ha qualche cosa da riferirgli». Il centurione lo prese e lo condusse dal tribuno dicendo: «Il prigioniero Paolo mi ha fatto chiamare e mi ha detto di condurre da te questo giovanetto, perché ha da dirti qualche cosa». Il tribuno lo prese per mano, lo condusse in disparte e gli chiese: «Che cosa è quello che hai da riferirmi?». Rispose: «I Giudei si sono messi d'accordo per chiederti di condurre domani Paolo nel sinedrio, col pretesto di informarsi più accuratamente nei suoi riguardi. Tu però non lasciarti convincere da loro, poiché più di quaranta dei loro uomini hanno ordito un complotto, facendo voto con giuramento esecratorio di non prendere cibo né bevanda finché non l'abbiano ucciso; e ora stanno pronti, aspettando che tu dia il tuo consenso». Il tribuno congedò il giovanetto con questa raccomandazione: «Non dire a nessuno che mi hai dato queste informazioni». (At 23:12-22)

Anche a Cesarea lo segue la persecuzione, ma Paolo può difendersi dalle false accuse. Il governatore Felice e sua moglie Drusilla, andavano da lui per sentirlo parlare. Quando Felice cedette il posto a Festo, Paolo si appellò all’Imperatore. Festo allora si consultò con il Re Agrippa e Paolo, con la forza che gli era propria, fece una formidabile arringa in sua difesa, che poi risulta una efficace evangelizzazione:

Agrippa disse a Paolo: «Ti è concesso di parlare a tua difesa». Allora Paolo, stesa la mano, si difese così: «Mi considero fortunato, o re Agrippa, di potermi discolpare da tutte le accuse di cui sono incriminato dai Giudei, oggi qui davanti a te, che conosci a perfezione tutte le usanze e questioni riguardanti i Giudei. Perciò ti prego di ascoltarmi con pazienza. La mia vita fin dalla mia giovinezza, vissuta tra il mio popolo e a Gerusalemme, la conoscono tutti i Giudei; essi sanno pure da tempo, se vogliono renderne testimonianza, che, come fariseo, sono vissuto nella setta più rigida della nostra religione. Ed ora mi trovo sotto processo a causa della speranza nella promessa fatta da Dio ai nostri padri, e che le nostre dodici tribù sperano di vedere compiuta, servendo Dio notte e giorno con perseveranza. Di questa speranza, o re, sono ora incolpato dai Giudei! Perché è considerato inconcepibile fra di voi che Dio risusciti i morti?

Anch'io credevo un tempo mio dovere di lavorare attivamente contro il nome di Gesù il Nazareno, come in realtà feci a Gerusalemme; molti dei fedeli li rinchiusi in prigione con l'autorizzazione avuta dai sommi sacerdoti e, quando venivano condannati a morte, anch'io ho votato contro di loro. In tutte le sinagoghe cercavo di costringerli con le torture a bestemmiare e, infuriando all'eccesso contro di loro, davo loro la caccia fin nelle città straniere.

In tali circostanze, mentre stavo andando a Damasco con autorizzazione e pieni poteri da parte dei sommi sacerdoti, verso mezzogiorno vidi sulla strada, o re, una luce dal cielo, più splendente del sole, che avvolse me e i miei compagni di viaggio. Tutti cademmo a terra e io udii dal cielo una voce che mi diceva in ebraico: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? Duro è per te ricalcitrare contro il pungolo. E io dissi: Chi sei, o Signore? E il Signore rispose: Io sono Gesù, che tu perseguiti. Su, alzati e rimettiti in piedi; ti sono apparso infatti per costituirti ministro e testimone di quelle cose che hai visto e di quelle per cui ti apparirò ancora. Per questo ti libererò dal popolo e dai pagani, ai quali ti mando ad aprir loro gli occhi, perché passino dalle tenebre alla luce e dal potere di satana a Dio e ottengano la remissione dei peccati e l'eredità in mezzo a coloro che sono stati santificati per la fede in me.

Pertanto, o re Agrippa, io non ho disobbedito alla visione celeste; ma prima a quelli di Damasco, poi a quelli di Gerusalemme e in tutta la regione della Giudea e infine ai pagani, predicavo di convertirsi e di rivolgersi a Dio, comportandosi in maniera degna della conversione. Per queste cose i Giudei mi assalirono nel tempio e tentarono di uccidermi. Ma l'aiuto di Dio mi ha assistito fino a questo giorno, e posso ancora rendere testimonianza agli umili e ai grandi. Null'altro io affermo se non quello che i profeti e Mosè dichiararono che doveva accadere, che cioè il Cristo sarebbe morto, e che, primo tra i risorti da morte, avrebbe annunziato la luce al popolo e ai pagani».

Mentr'egli parlava così in sua difesa, Festo a gran voce disse: «Sei pazzo, Paolo; la troppa scienza ti ha dato al cervello!». E Paolo: «Non sono pazzo, disse, eccellentissimo Festo, ma sto dicendo parole vere e sagge. Il re è al corrente di queste cose e davanti a lui parlo con franchezza. Penso che niente di questo gli sia sconosciuto, poiché non sono fatti accaduti in segreto. Credi, o re Agrippa, nei profeti? So che ci credi». E Agrippa a Paolo: «Per poco non mi convinci a farmi cristiano!». E Paolo: «Per poco o per molto, io vorrei supplicare Dio che non soltanto tu, ma quanti oggi mi ascoltano diventassero così come sono io, eccetto queste catene!».

Si alzò allora il re e con lui il governatore, Berenìce, e quelli che avevano preso parte alla seduta e avviandosi conversavano insieme e dicevano: «Quest'uomo non ha fatto nulla che meriti la morte o le catene».

E Agrippa disse a Festo: «Costui poteva essere rimesso in libertà, se non si fosse appellato a Cesare». (At 26:1-32)

 

QUESTIONARIO PER LA REVISIONE PERSONALE

 

    1. Paolo completerà a Roma il suo sacrificio, ma è ammirevole l’equilibrio con cui affronta le difficoltà. Vuoi provare ad imitare l’Apostolo nelle tue difficoltà? Hai sufficiente autocontrollo?
    2. Paolo nelle avversità, usa intelligenza e astuzia per impedire che gli facciano del male e si facciano del male. Tu usi tutte le tue risorse per chiarire le incomprensioni o perdi il controllo?
    3. Paolo approfitta dell’autodifesa, per annunciare la buona novella. Tu sei sempre disposto a testimoniare Gesù Cristo, unico Salvatore anche a costo dell’umiliazione?
    4. La vita di Paolo, come quella di Gesù, si completa con il sacrificio della vita. Tu sei disposto ad accettare anche la morte per non tradire la tua fede e comunque sei disposto a non risparmiarti?
    5. Paolo viene decapitato; la sua testa fa tre balzi e ad ogni balzo sgorga una fontana, segno della grazia che viene dal sacrificio dei martiri. Vivi i sacramenti come doni scaturiti dal sacrificio di Cristo e di quanti hanno unito il loro martirio a quello di Gesù?

     

 
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Ultimo aggiornamento: 12 novembre 2021
 
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