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APRILE 2005

     

IL LIEVITO ( Mt 13,33-34)

Un'altra parabola disse loro: «Il regno dei cieli si può paragonare al lievito, che una donna ha preso e impastato con tre misure di farina perché tutta si fermenti».
Tutte queste cose Gesù disse alla folla in parabole e non parlava ad essa se non in parabole, perché si adempisse ciò che era stato detto dal profeta:
Aprirò la mia bocca in parabole, proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo”. (Sal 78,2)

Il lievito, come il sale, sacrifica se stesso per far crescere la massa. Se non lo facesse, resterebbe pasta acida, destinata ad essere buttata via. Messo nell'impasto di farina ed acqua, invece, la fa lievitare, aumentare di volume, gli fa perdere la sua durezza e quando è messo nel forno, lo rende soffice, fragrante, profumato, appetibile…. Ma il lievito non c'è più: dando la vita ha permesso alla farina di passare ad una forma di vita superiore, quella del pane.
E' la logica della vita: donare se stesso perché l'altro cresca.
Questo fenomeno della fermentazione, sia del pane che del vino, sono stati presi da Gesù non solo per istruirci ed educarci al dono di noi stessi, ma anche per rendersi presente nell'Eucaristia come corpo donato, come sangue versato.
In questo processo abbiamo un risorgere progressivo in forme sempre più perfette:

dal seme alla spiga,
dalla spiga al grano, che implica già lo spogliarsi del suo ornamento,
dal grano alla farina, accettando di essere macinato,
dalla farina al pane per mezzo del processo di panificazione,
dal pane all'Eucaristia,

Questo ci fa capire come proprio perdendo la propria vita si progredisce sulla scale dell'essere, toccando nell'Eucaristia il vertice a cui anche la creatura umana può giungere a perfezione, perché l'Eucaristia ci permette di divinizzarci: Gesù, “Pane vivo” ci trasforma in sé. Questo ultimo grado della trasformazione per spogliazioni successive, si può raggiungere solo per dono di Dio. Ci sono regioni dove l'uomo non può inoltrarsi, appartengono a Dio e solo Lui, per grazia, può condurci oltre l'umano, per dono della sua bontà.
Tutte queste trasformazioni hanno un costo in termini di dono di sé ed esigono perciò la duttilità, che ci permette di lasciarci plasmare e riplasmare da Dio, la fiducia , che ci permette di abbandonarci alla sua azione, sicuri che il Suo amore non toglie, perché non ha bisogno di niente, ma dà perché è la Bontà, la Misericordia, la Vita.

Questa parabola ci suggerisce di essere lievito, ma cosa significa questo per noi?
La parabola parla di farina, acqua o fermento?
Noi siamo la farina, l'acqua è l'amore che ci impasta, il fermento è Dio.
Noi diventeremo lievito solo se permetteremo all'amore di impastarci e a Dio di fermentarci.
Solo se fermentati da Lui nel caldo clima del raccoglimento e della preghiera, sentiremo crescere dentro di noi il bisogno dell'impegno cristiano, che ci renderà fermento vivo d'amore, di bontà, di solidarietà, di sostegno tra i fratelli. A questo è chiamato ogni buon cristiano.

Essere fermento evangelico in famiglia

La prima pasta da fermentare è quella del nostro cuore . Essa si fermenta con la Parola di Dio, che fa lievitare in noi l'amore vero. Quando il cuore è fermentato cresce fino a non poter stare più dentro di noi, ma sente il bisogno di espandersi. La prima espansione si ha con l'innamoramento, che fa trasbordare il nostro amore nel cuore dell'altro/a. Spesso questo fermento è molto efficace ma poco durevole, ha bisogno di alimentarsi ancora di caricarsi del fermento della fedeltà, della perseveranza, della gratuità…. È un fermento giovane, promettente ma poco maturo.

Il periodo del fidanzamento, e più ancora la vita coniugale, lo vaglia, lo mette alla prova e proprio allora sperimenta la sua povertà e si mette alla ricerca.

Il mondo con le sue teorie, i suoi luoghi comuni, i suoi esempi non riesce nell'intento, ma se la ricerca si fa più attenta e si ha il coraggio di ammettere che gli uomini non sono maestri d'amore di cui ci si possa fidare, si arriva al Fermento vivo che è Gesù . Alla luce del suo insegnamento, il cuore si carica di forza nuova e riesce a superare la prova.

L'amore passato per il crogiolo della prova è meno effervescente ma più solido , più affidabile, più stabile; ha capito che la fedeltà si conquista perdendo se stessi nella pasta refrattaria ed inerte dell'altro. Inizialmente si ha l'impressione di morire , di sciupare inutilmente i propri sentimenti; la tristezza, il senso di angoscia sembrano prevalere, ma se si guarda a Cristo nel Getsemani e ci si identifica con Lui, il nostro sacrificio viene ridimensionato. Se poi facciamo attenzione a come Gesù affronta quella prova, abbiamo anche un modello da imitare.

Vediamo come la Madre Speranza descrive questo momento della passione di Gesù:

“In questa notte Gesù vede la morte in tutto il suo terrificante aspetto. Già ne sente la gelida mano che impietosa viene a spezzare e infrangere l'unione tra il corpo e l'anima, in Lui molto più profonda che in noi. Gesù trema, rabbrividisce di orrore ed entra in agonia: la sua fronte si bagna del sudore gelido della morte e cade a terra. È in questo momento che si avvicina Satana e gli insinua questa tentazione: «Getta via da te questo carico che ti opprime; vedi che non puoi resistere! Che indugi? Scrolla da te questo enorme peso, rifiuta a Dio la tua obbedienza». Ma Gesù, con la fronte prostrata al suolo e gli occhi pieni di lacrime, prega: «Padre mio, se è possibile passi da me questo calice», ma immediatamente aggiunge: «però non la mia volontà sia fatta, ma la tua ». (“La Passione n° 137)

Ebbene, Gesù, nell'angoscia di perdere inutilmente la sua vita, sentimento che gli viene aggravato anche dal tentatore che vuole scoraggiarlo ad andare fino in fondo, si aggrappa al Padre con tutta la forza della sua fede: “ Padre, se è possibile, allontana da me questo calice ! Ma subito aggiunge: “Ma non si faccia la mia ma la tua volontà ”. Dopo resta in attesa: la lunga ed estenuante attesa del cuore ferito. Ma il Padre ha ascoltato. Non ritira il calice, ma gli comunica la forza di accettarlo fino in fondo, con tutte le conseguenze: il chicco deve morire per generare la spiga; il lievito si deve annullare per fermentare la massa . Cristo deve dare la vita e il Padre gli dà la forza di arrivare fino in fondo.

Anche noi, seguendo il Suo esempio, possiamo superare le nostre prove ed essere fedeli agli impegni assunti, anche a costo di umiliazioni e sacrifici. L'orgoglio deve andare in frantumi, la crosta dura dell'egoismo deve sciogliersi attraverso il perdono sincero e totale, solo allora la mente comincerà a trovare la pace, il volto ritroverà il sorriso, dalla nostra bocca usciranno parole di comprensione. La misericordia prevarrà sulla giustizia umana e vedremo lievitare l'amore nel nostro cuore, nella nostra famiglia, nel nostro gruppo.

Punto critico della lievitazione

Quasi sempre, nel processo di lievitazione si attraverso un punto critico: la pasta sembra restare inerte, sembra non avvertire la forza lievitante….

Questo momento di smarrimento avviene anche quando non di farina si tratta ma di persone in relazione. Perché succede questo?

Il lievito per esprimere se stesso ha bisogno di calore.

Il coniuge o la persona che si cerca di aiutare, devono essere avvolti nella coperta della misericordia e della preghiera, devono essere immersi misticamente nel calice di ogni Eucaristia, devono essere tenuti al riparo dalle correnti fredde del giudizio e della critica…

Poi, come le vergini in attesa dello Sposo, dobbiamo restare in atteggiamento di offerta e aspettare. Prima dell'alba l'attesa finirà: vedremo spuntare bollicine di pentimento, il cuore si gonfierà di pianto, lo sguardo cercherà un contatto…. Il fermento buono sta operando.

Non travolgiamoli nell'entusiasmo della vittoria, tanto meno della rivalsa, lasciamo che il processo di fermentazione giunga alla pienezza, poi, a piccole dosi, mettiamolo nella fornace d'amore che è il Cuore di Cristo, che perdona, dimentica, non tiene il conto delle infedeltà, e diventeranno pane fragrante, testimonianza di risurrezione.

A questo punto dimentichiamo il passato, come all'alba si dimentica la notte e come in estate si dimentica il freddo dell'inverno e lodiamo Dio che ci salva, servendosi anche del nostro piccolo contributo di umiliazione e di sofferenza.

Essere fermento per i figli

Nel cuore del figlio il fermento del vero amore va messo fin da quando fa avvertire la sua presenza nel seno materno. E' una creatura nuova carica di Spirito Santo e di innocenza, quella che il Signore osa mettere nelle nostre mani, come un piccolo seme che racchiude un progetto di vita, ma deve essere messo nel buon terreno per poter germogliare ed esprimere tutte le sue potenzialità.

L'ambiente vitale in cui si forma il bambino è il cuore della mamma, un cuore che dovrebbe essere pieno di amore, di serenità, di gioia, di pace, un cuore fermentato dall'Amore. Ma perché questo avvenga, occorre che la mamma sia confortata, rassicurata, aiutata, protetta dal papà. La famiglia è un'unità, si è interdipendenti, nessuno può tirarsi in dietro trascurando di dare il suo contributo.

Nel seno materno sta avvenendo una vera fermentazione, è una vita che viene da Dio e ha bisogno di trovare qualcosa di Dio nella sua nuova realtà. Dio è Padre e tenera Madre, la coppia deve riprodurre l'immagine di Dio: un padre buono, premuroso, attento, una tenera madre, piena di fiducia e di speranza.

Perché ciò avvenga è necessario che la coppia sia fermentata a sua volta dal Lievito genuino dell'Amore vero, che non risparmia sacrificio, incomodo, spese e tempo per il dono che viene dal cielo. La coppia deve subire il processo di annientamento di sé per la vita del figlio.

Generalmente si tratta del dono di sé quotidiano, a piccole dosi, richiesto dalla nuova situazione di madre e di padre, che per altro è ricca di soddisfazioni senza prezzo, per cui il sacrificio non pesa; ma non è detto che non vi siano momenti in cui si avverta la fatica del morire e forse la paura del morire a tante piccole cose, che prima la coppia poteva concedersi ed ora le sono precluse perché il bimbo ha le sue esigenze.

Proprio in quei momenti bisogna ricordare che siamo chiamati ad identificarci col lievito; questa considerazione non permetterà al disappunto di sopraffarci.

Con il passar del tempo il bimbo presenterà esigenze sempre diverse e nuove: è una vita che deve arrivare alla pienezza e deve esprimere tutte le sue potenzialità. I genitori devono seguire questo processo di apertura e devono essere pronti a creare le condizione perché avvenga nella maniera più efficace e positiva. Devono preoccuparsi perché il suo corpo cresca sano e armonico, che la sua intelligenza riceva i giusti stimoli e raggiunga il quoziente intellettivo relativo all'età, devono vigilare sulla sua psiche, perché il bambino cresca fiducioso, libero, capace di identificarsi e di interagire con gli altri in maniera positiva, devono pensare alla sua anima, perché si apra all'Infinito e all'Eterno e utilizzi i mezzi di grazia che Gesù ci ha dato.

Il compito dei genitori è davvero complesso, ma ha un valore inestimabile. Cosa c'è di più importante che di presiedere e vigilare sulla crescita armonica di un uomo, di un figlio di Dio, di un candidato alla Vita Eterna?

Anche in questo campo la funzione di lievito è soggetta a momenti di entusiasmante evidenza e a momenti di trepidante attesa. A volte si può avere l'impressione che il figlio sia pasta inerte, refrattaria ad ogni stimolo! Quanto è dolorosa questa constatazione per la coppia!

A questo punto ci si pongono le famose domande:

  • Forse non abbiamo dato i giusti stimoli a tempo giusto.
  • Forse abbiamo trascurato la formazione religiosa.
  • Forse abbiamo permesso che il nostro figlio subisse le correnti fredde di compagni sbagliati.
  • Forse è cresciuto insicuro e fragile perché la nostra relazione era conflittuale.
  • Forse non lo abbiamo affidato abbastanza a Dio con la nostra preghiera…..

Ebbene, quello che è stato trascurato a tempo giusto non può essere rimediato da noi, perché siamo incapaci di tornare nel passato e riparare il danno operato, ma quest'opera di risanamento può essere fatta da Dio. Lui vive l'eternità, senza passato e senza futuro. Lui può risanare i cuori, Lui può infondere nei figli un fermento nuovo , specifico, adatto per loro, un fermento che li risana e dà loro la possibilità di recuperare (conversione).

Rischio di scoraggiarsi

Quest'opera di risanamento a volte richiede tempi lunghi. Evidentemente i cuori sono freddi o molto suggestionati dalla tentazione. In questo caso bisogna rivolgersi al Signore gridando a Lui la propria angoscia: “Dal profondo a te grido, Signore, Signore, ascolta la mia voce!” Come Gesù al Getsemani, come Gesù al Calvario: “ Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato ?” Bisogna pregare con insistenza e caricare la nostra fiducia nell'Amore Misericordioso, e magari dare forza alla preghiera con qualche sacrificio volontario.

Il Signore non sarà sordo, risponderà. Il tempo dell'attesa è quello necessario per piegare i cuori refrattari, purificarli attraverso la sofferenza santificata dal pentimento e dal nostro perdono, ma presto o tardi si muoveranno e accoglieranno la novità che viene offerta loro attraverso la prospettiva di una vita nuova, vissuta secondo Dio.

La Madre Speranza ha scritto:

"Siamo stati creati gli uni per gli altri e viviamo gli uni negli altri, perché in noi c'è qualcosa degli altri e negli altri qualcosa di nostro. Questo qualcosa degli altri che c'è in noi è la loro vita, e quel qualcosa di nostro che c'è in loro è la nostra vita. Le nostre esistenze si compenetrano scambievolmente e si identificano più o meno secondo quello che si riceve e che si dà....
Dio mio! ti ringraziamo perché ci hai uniti così per l'eternità e perché fin d'ora ci fai vivere gli uni negli altri e tutti uniti a Te"

Bisogna avere fiducia; essere genitori è un ministero conferitovi dal sacramento del Matrimonio, che vi abilita ad una sorta di sacerdozio domestico, una ministerialità molto efficace. Un genitore che prega per il proprio figlio è sempre ascoltato da Dio. Dio, da parte sua non desidera altro che vedere i suoi e vostri figli ritornare alla casa paterna. La vostra preghiera ottiene loro una maggiore abbondanza di grazie e una più piena effusione di Spirito Santo. Questo Fermento vivo otterrà certo il suo effetto.

Intanto forse vedrete logorare la vostra vita nella sofferenza. Ma il lievito non deve forse perdere se stesso per dare vita al pane?

Gesù ha dato letteralmente la vita sulla croce, per realizzare la sua missione, noi dobbiamo darla sulla croce virtuale del nostro travaglio quotidiano, per portare a compimento la nostra, fiduciosi che Dio supplirà alle nostre carenza, ma senza perdere la fiducia e senza permettere che lo scoraggiamento spenga la luce della speranza in fondo al nostro cammino.

Questionario di approfondimento personale:

  1. La Parola di Dio agisce in te come il lievito? Ti carica di buona volontà, di desiderio di bene?
  2. Quando senti venir meno l'entusiasmo di servire Dio, corri a ricaricarti di fermento nuovo nell'Eucaristia?
  3. Se tu stesso sei chiamato ad essere lievito per gli altri, accetti di perdere te stesso perché gli altri crescano in santità e giustizia?
  4. Sei fermento vivo per il tuo coniuge, vi fermentate a vicenda per compiere sempre meglio il compito di immagine della Trinità in versione umana?
  5. Riuscite ad assolvere alla vostra missione di genitori con senso di responsabilità, ma anche con una fiducia incondizionata nell'Amore Misericordioso?
  6. Siete consapevoli che il generoso dono di voi stessi è la condizione necessaria per rinascere a vita nuova e più perfetta?
  7. A che punto si trova il tuo processo di panificazione? Tendi a diventare presenza viva di Cristo in mezzo ai fratelli?

 

 

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Ultimo aggiornamento: 12 novembre 2021
 
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