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GIUGNO 2004

     

“EDUCA TUO FIGLIO E PRENDITI CURA DI LUI”

            La Sapienza divina, oltre che educare la coppia nella realizzazione dell’unità a cui è chiamata, la educa anche nella sua missione di tutrice della vita. La coppia, infatti, è feconda e dal legame d’amore, che ha creato un vincolo di parentela indissolubile, nasce la Vita, nella realtà dei figli, che le fanno sperimentare la paternità e maternità di Dio.

            La dignità della coppia è veramente grande, ma è anche densa di responsabilità. L’albero della Vita Dio lo ha riservato a sé, non ha permesso che l’uomo peccatore lo toccasse, gli ha lasciato solo il compito di “strumento per generare i Suoi figli” e glieli affida temporaneamente. Non ne può disporre a suo piacimento, si approprierebbe di ciò che non le appartiene. Se lo fa, cade in disgrazia di Dio e causa danni anche ai figli, peggio ancora se scandalizzasse i piccoli: “Guai, dice Gesù, a chi dà scandalo ad uno di questi piccoli, sarebbe meglio per lui che si mettesse una macina di mulino al collo e si gettasse nel profondo del mare”. (Mc 9,42)

            I figli, perciò, vanno accolti con rispetto sacro e trattati come figli di Dio. Quando in casa nasce un bambino, quella casa diventa un paradiso terrestre. Tutto dovrebbe cambiare in funzione delle esigenze dell’ospite. Direte che questo avviene, e speriamo che sia così, ma le esigenze del piccolo ospite sono soprattutto soprannaturali: il bimbo viene dal cielo, lo Spirito gli ha infuso un’anima vivente alitando nel grembo materno e santificando con la Sua presenza anche la mamma, perciò tutto ciò che non conviene a Dio non conviene neanche al bambino: urli, strilli, indifferenza, rabbia, preoccupazione, ansia, rifiuto, volgarità, peccato in tutte le sue forme vanno bandite dalla casa, se vogliamo che il bambino continui a respirare aria di cielo e cresca in età, sapienza e grazia davanti a Dio e agli uomini.

            La vita della coppia non sempre è facile, e si può capire, ma l’attenzione reciproca, la fiducia in Dio, la buona volontà, aiutate dalla grazia, possono ottenere anche l’impossibile.

            Vediamo cosa ci dice il Siracide riguardo all’educazione dei figli.

 

Chi ama il proprio figlio usa spesso la frusta, per gioire di lui alla fine.

Chi corregge il proprio figlio ne trarrà vantaggio e se ne potrà vantare con i suoi conoscenti.

Chi ammaestra il proprio figlio renderà geloso il nemico, mentre davanti agli amici potrà gioire.

Muore il padre? È come se non morisse, perché lascia un suo simile dopo di sé.

Durante la vita egli gioiva nel contemplarlo, in punto di morte non prova dolore.

Di fronte ai nemici lascia un vendicatore, per gli amici uno che sa ricompensarli.

Chi accarezza un figlio ne fascerà poi le ferite, a ogni grido il suo cuore sarà sconvolto.

Un cavallo non domato diventa restio, un figlio lasciato a se stesso diventa sventato.

Coccola il figlio ed egli ti incuterà spavento, scherza con lui, ti procurerà dispiaceri.

Non ridere con lui per non doverti con lui rattristare, che non debba digrignare i denti alla fine.

Non concedergli libertà in gioventù, non prendere alla leggera i suoi difetti.

Piegagli il collo in gioventù e battigli le costole finché è fanciullo, perché poi intestardito non ti disobbedisca e tu ne abbia un profondo dolore.

Educa tuo figlio e prenditi cura di lui, così non dovrai affrontare la sua insolenza.

                                                                                                          (Sir 30,1-13)

            In questo brano la prima affermazione riguarda la necessità di un’azione correttiva, potremmo dire un’azione di discernimento e di sostegno perché nel bambino prevalga la capacità di fare il bene ed evitare il male. Essa non sarebbe stata necessaria se l’uomo e la donna non avessero fatto esperienza di peccato. Ma dal momento in cui Adamo ed Eva vollero conoscere il bene e il male, i figli nascono con una doppia precognizione: Si trovano dentro tendenze positive e tendenze negative. Esse sono lì, pronte ad esprimersi istintivamente, se l’azione educativa non canalizza e potenzia le buone e neutralizza le cattive, perché non nuocciano al bimbo e a chi vive con lui.

            Il Siracide parla di frusta, ma prima della frusta reale il bambino ha bisogno di una frusta virtuale, cioè di un ambiente in cui si esprimono solo potenzialità positive, perché sia indotto ad emularle e di un’azione educativa che gli faccia tenere a freno le tendenze negative. Quindi la coppia educatrice la frusta deve usarla prima di tutto verso se stessa, tenendo a freno le proprie tendenze negative, perché il bambino non esprima le sue. Queste tendenze vengono stimolate dalle situazioni a cui il bimbo è sottoposto. Se il bambino viene sgridato, si difende aggredendo o chiudendosi in se stesso, deprimendosi; se viene mortificato nel suo bisogno vitale di toccare, assaporare, odorare, provare gli oggetti, si creerà una natura ambigua, che lo porterà a fare determinate azioni quando l’adulto non è presente, quindi anche a rischio di farsi male, per non parlare del rischio di crearsi una doppia personalità: una accettata dai genitori, l’altra trasgressiva, voluta dalla sua natura. La frusta può consistere in alcuni no che bisogna dire al bambino per educarlo alla convivenza civile, che, naturalmente, essi vanno dosati con sapienza d’amore.

            Il bimbo deve capire ciò che è bene e ciò che è male, con un’azione paziente e perseverante, così, davanti agli occhi del bambino, si andrà aprendo, gradualmente, la via della moralità, che è la via del vero amore a sé e agli altri.

            In seguito, man mano che il bimbo cresce, questa via si espliciterà come via della convivenza civile e poi sarà formulata come via dei comandamenti divini.

            L’azione educativa è delicata e faticosa, impone alla coppia un esercizio continuo di autocontrollo e di pazienza, e un’organizzazione familiare che tenga conto di questa esigenza. La coppia allora sperimenta l’amore ablativo, che è capace di sacrificio e di rinuncia per il bene della persona amata. Questo è vero amore. Stando attenti però a non tirare troppo la corda, a non arrivare all’esaurimento totale delle forze, che porterebbe poi gravi danni al bambino stesso.

            Bisogna mettersi al servizio della vita, ma non rendersi schiavi del proprio figlio. Questo è un bene non solo per la coppia ma anche per il bambino stesso, che vede limitarsi il proprio campo di azione e impara a capire che i suoi diritti finiscono dove cominciano quelli di mamma e papà.

            L’azione educativa, man mano che il bambino è in grado di farlo, deve essere anche discorsiva, perché il bambino ha bisogno di conoscere le proprie potenzialità e di acquistare la capacità di autocontrollo, tanto necessaria per vivere con gli altri. L’uomo è un animale socievole; il suo egoismo, lo porterebbe a stare al centro dell’attenzione, a trarre vantaggio da ogni situazione e a rifiutare tutto ciò che contrasta con la sua naturale tendenza all’autogratificazione. Non è bene però fare del bambino un eccentrico, un superbo, un egoista, un violento…. L’averla sempre vinta non lo renderebbe un vincente ma un perdente, perché le tendenze egoistiche si potenzierebbero al punto da renderlo un dipendente, un insoddisfatto, una voragine di capricci, quindi un debole. La vera forza della sua personalità in formazione consisterà nella capacità di gestire le proprie esigenze con equilibrio, acquistando anche una certa capacità di rinuncia, assai necessaria soprattutto man mano che l’età cresce, aumentano le occasioni di vivere accanto ad altre persone e le regole diventano più rigide.

            Quando il Siracide parla di sferza, di azione costrittiva, prende esempio dalla natura, che mette accanto all’alberello tenero un bastone di sostegno, perché cresca dritto e forte. I genitori sono posti accanto ai figli proprio come bastoni di sostegno, perché questi crescano forti e dritti e non acquisiscano difetti, che poi diventino irreversibili.

            La repressione, comunque, sarà sempre meno necessaria se in famiglia si crea un clima di serenità, di fiducia, di reciproco sostegno, di dialogo e soprattutto se sono evidenti gli esempi di equilibrio, di condiscendenza, di collaborazione.

            Il Siracide dice che l’uomo che educa suo figlio ne fa un altro se stesso. Oggi questa affermazione non sembra molto saggia, dal momento in cui ci sono genitori irresponsabili, che fanno soffrire la famiglia a motivo dei loro difetti. Nel Piano di Dio, però, l’uomo e la donna che si univano in matrimonio dovevano essere due persone integre, capaci di gestite la propria vita in maniera equilibrata e virtuosa; per queste persone formare una creatura simile a loro era un buon traguardo, ma, col moltiplicarsi del peccato sulla terra, è più esatto dire che l’azione educativa deve tendere a formare un uomo che sia immagine perfetta di Gesù, Lui è l’uomo perfetto, il Padre e la tenera Madre, che sa amare fino al dono totale di Sé. Egli, infatti, ha detto: “Imparate da me che sono mite ed umile di cuore e troverete ristoro alle vostre anime”. (Mt 11,29)

 

Rischi di un’educazione repressiva

            La correzione non deve essere severa al punto da divenire intransigente, perché l’imposizione del proprio volere, senza ascoltare ragioni, degenera in rigidismo assoluto, in autoritarismo.

            I rischi dell’intransigenza sono l’inflessibilità, che non facilita il dialogo con i propri figli, che non favorisce la fiducia reciproca da cui può nascere l’apertura dei figli verso i genitori. Se poi all’inflessibilità si aggiunge anche l’imposizione adirata, la psiche infantile ne resta inibita

L’inibizione blocca la crescita, favorisce la formazione di storture psicologiche e l’insorgenza di malattie fisiche. Essa porta con sé la paura, le fobie, le bugie, la doppia personalità, il desiderio di fuga, le carenze affettive e la conseguente creazione di legami affettivi morbosi.

            Il padre e la madre non faranno male a creare altri se stessi, ma prima devono dedicarsi a migliorare se stessi. Questa sarebbe la maternità e la paternità responsabile.

            Oggi molte coppie si preoccupano solo di garantire al nascituro il mantenimento fisico, ma questo è assolutamente insufficiente.

 

Il bambino ha bisogno:

  1. Di essere accolto con amore e per amore: l’amore è la prima esigenza del nascituro, perché egli viene da Dio che è Amore e sopporterà la terra solo se vi ritrova qualcosa di ciò che la sua anima ha lasciato.
  2. Di un clima sereno: il bambino respira il clima familiare, prima di capire i discorsi e gli avvenimenti che la famiglia vive. Il clima può essere sereno anche se si è costretti ad affrontare vicende spiacevoli, l’importante è non lasciarsi fagocitare dai problemi, non lasciarsi prendere dall’ansia e da paure inutili, di vivere dignitosamente qualunque avversità.
  3. Di un discorso educativo saggio ed equilibrato. Il bambino viene in un mondo che non conosce; è un mondo complesso e pieno di problemi di diversa natura. Esiste il male, il bene, l’astuzia, l’inganno, l’invidia, l’offesa, l’ira e tutti i difetti la cui lista sarebbe molto lunga. Il bambino è naturalmente incline al bene, o almeno a non interpretare male ciò che vede e sente. L’azione educativa consiste nel difenderlo dal male non solo non facendolo colpire da chi non lo ama, ma non permettendo che il male penetri nel suo cuore. L’azione educativa deve essere una medicina preventiva prima che curativa, ma se fosse necessario, deve essere anche curativa. Il male ricevuto si cura con il perdono, il fastidio ricevuto si cura con la pazienza, la volgarità ricevuta si cura con la gentilezza, l’esclusione ricevuta si cura con l’accoglienza…. Quanto è difficile questo discorso per i genitori! Non si tollera che i figli subiscano umiliazioni, ma questa terra ha perso molto e anche i bambini assorbono presto le negatività e le esprimono.
  4. Di acquisire il senso della propria dignità. Il bambino deve capire che il male rende malvagio e perciò non va fatto. Se gli altri lo fanno vanno perdonati, al massimo vanno evitati, ma non è bene vendicarsi. Il bene è lodevole, quindi va fatto, se gli altri non l’apprezzano pazienza, ma non è un motivo valido per non farlo. Una educazione saggia lavora a creare l’uomo saggio. Nell’immediato questo modo di impostare l’educazione sembra favorire il sopruso, in realtà il bambino che impara a subire senza vendicarsi, ad essere offeso senza offendere, che fa il bene senza pretendere il contraccambio…, è un bambino che acquista una forza di volontà sconosciuta a chi agisce senza controllo, istintivamente. Il male negli altri bambini va corretto dagli adulti, possibilmente dai genitori o dagli insegnanti, non dalla persona offesa. La persona offesa fa bene a perdonare, ma gli adulti fanno bene a far notare a chi offende che si sta comportando male. La correzione non deve diventare però una questione di stato, deve avvenire da persona a persona, privatamente, solo nei casi limite il bambino trasgressivo va punito pubblicamente, non senza aver prima analizzato il caso e aver fatto del tutto per indurlo a controllarsi.
  5. Di un’azione educativa costante. Essa deve seguire il bambino e poi il ragazzo in formazione, man mano che cresce e sperimenta esigenze nuove. L’adulto deve essere una figura di riferimento solida, a cui il ragazzo può sempre ricorrere quando ne sente la necessità, sicuro di trovare consigli saggi. Oggi i genitori tendono ad abbandonare troppo presto i figli a se stessi, non riescono a capire la crisi adolescenziale, si lasciano intimorire dai modelli di comportamento correnti, temono che se i figli non si presentano come gli altri, se non si adeguano al consumismo, se non frequentano le discoteche, se non emergono nello studio o nello sport, o in altre competizioni non verranno accettati. In realtà ogni uomo che viene sulla terra ha bisogno essenzialmente di scoprire la propria originalità, di sapere quali sono le sue potenzialità, le sue risorse e deve organizzare la sua vita in maniera da sfruttarle al meglio. Non è necessario essere uguale agli altri, siamo tutti degli originali, l’importante è che i genitori stessi non si facciano progetti personali sui figli, senza tener conto delle loro reali possibilità. Ovviamente il bambino ha bisogno di conoscere anche i suoi punti fragili senza scoraggiarsi e senza sottovalutarsi, ma semplicemente per gestire le sue risorse e non sopravvalutarsi, ma vedendosi nella verità. Il compito dei genitori è quello di evidenziare sia gli aspetti positivi che quelli negativi, senza esagerare né in un senso né nell’altro perché il bambino inizialmente si valuta in base alla valutazione che riceve dai genitori. In sintesi è necessario che i genitori aiutino il bambino ad identificarsi nella verità.

 

Dopo queste riflessioni, rileggendo il brano del Siracide, forse non saremo più tanto scandalizzati dal linguaggio duro, ma prenderemo coscienza delle nostre responsabilità ad essere modelli imitabili, non per la vanità di stupire gli amici e i parenti (impresa assai difficile), ma per vero amore verso i nostri figli, e per non deludere le attese di Dio che ce li ha affidati.

Il figlio non solo può essere accarezzato ma deve essere accarezzato per sperimentare l’amore; l’affetto però non può andare disgiunto dalla continua azione correttiva al fine di prevenire storture, anzi si deve usare l’espressione affettuosa per rendere affascinante il bene. Le coccole devono contribuire a rendere il genitore autorevole, non permissivo e quindi avallare il capriccio, le voglie, il sopruso. Se quest’azione di sostegno sarà intelligente e dettata da vero amore, non sarà necessario “Torcere il collo al proprio figlio o battergli le costole perché non s’intestardisca e diventi insolente”. E comunque l’educazione è un’arte da imparare, ma la vera riuscita dei figli la si ottiene solo in ginocchio.

 

Approfondimento personale:

  1. Secondo te, hai impostato l’educazione dei tuoi figli in maniera repressiva o convincente?
  2. Sei mai ricorso alle percosse per impedirgli di sbagliare?
  3. Se ne parli ora con tuo figlio, che ne pensa lui di quell’esperienza?
  4. Ti sei impegnato/a, a verificare se tu sei un modello credibile per i tuoi figli?
  5. Quanto tempo impieghi a parlare con ognuno dei tuoi figli per comunicargli dei valori?
  6. Approfitti dei loro insuccessi per stimolarli ad impegnarsi senza deprimersi?
  7. Approfitti dei loro successi per insegnare loro la modestia e la relatività di ogni giudizio umano?
  8. Conosci le principali qualità e i principali difetti dei tuoi figli?
  9. Ti sei fatto/a un piano d’intervento per aiutarli a gestire le loro risorse?
  10. Stai educando i tuoi figli al timor di Dio, inteso come adesione alla Sua volontà?
  11. Pregate insieme come coppia per i vostri figli?
  12. Avete sufficiente fiducia in Dio per non lasciarvi prendere dall’ansia di fronte ai cambiamenti?
  13. Se hai bisogno di a dire qualcosa ai tuoi figli e non riesci a farlo, scrivi loro una lettera.

 

 

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Ultimo aggiornamento: 12 novembre 2021
 
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