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DICEMBRE 2003

     

ESCI DALLA TUA TERRA

            Con Abramo Dio sceglie ancora una famiglia per rivelarle il mistero del Dio unico. Perché questa esigenza? Perché il peccato allontana l’uomo da Dio e di conseguenza l’uomo si immerge nelle cose della terra, i difetti umani emergono e ingigantiscono, si creano rivalità e competizioni per appropriarsi del piacere, del potere, dell’avere (le tre concupiscenze umane) e l’uomo, così ridotto, si crea anche un Dio su misura, un Dio che non interferisce con i suoi progetti, un Dio muto al quale si possono anche offrire sacrifici idolatrici per tacitare la propria coscienza con i riti, ma comunque un Dio che non scomoda più di tanto.

Abramo, come Noè, è uomo giusto in mezzo a un popolo di infedeli. Quando Dio decide di intervenire per rifarsi un popolo che adorasse il Dio unico, sceglie proprio lui, ma gli chiede di allontanarsi da quell’ambiente, perché è difficile riparare una civiltà decaduta, è più facile crearne una da capo. Ed ecco la richiesta:

“Il Signore disse ad Abram: «Vàttene dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre, verso il paese che io ti indicherò. Farò di te un grande popolo e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e diventerai una benedizione. Benedirò coloro che ti benediranno e coloro che ti malediranno maledirò e in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra».

Allora Abram partì, come gli aveva ordinato il Signore, e con lui partì Lot. Abram aveva settantacinque anni quando lasciò Carran. Abram dunque prese la moglie Sarai, e Lot, figlio di suo fratello, e tutti i beni che avevano acquistati in Carran e tutte le persone che lì si erano procurate e si incamminarono verso il paese di Canaan. Arrivarono al paese di Canaan e Abram attraversò il paese fino alla località di Sichem, presso la Quercia di More. Nel paese si trovavano allora i Cananei.

Il Signore apparve ad Abram e gli disse: «Alla tua discendenza io darò questo paese». Allora Abram costruì in quel posto un altare al Signore che gli era apparso. Di là passò sulle montagne a oriente di Betel e piantò la tenda, avendo Betel ad occidente e Ai ad oriente. Lì costruì un altare al Signore e invocò il nome del Signore. Poi Abram levò la tenda per accamparsi nel Negheb.(Gen 12:1-9)

            Abramo obbedisce a Dio, risponde alla sua vocazione speciale, che lo faceva capostipite di un popolo, di una moltitudine. Sicuramente non sarà stato facile nemmeno per Abramo lasciare la vita agiata che conduceva in Mesopotamia, ma la voce di Dio era chiara e, senza badare a sacrifici, a commiserazioni e derisioni, parte verso l’ignoto, sorretto dalla fede nella Parola di Dio.

            Umanamente questo atteggiamento di Abramo sembra assurdo, addirittura imprudente; ma Abramo era uomo giusto e sicuramente era un grande innamorato di Dio. Solo l’amore può chiedere cose assurde alla ragione e superare i criteri razionali.

Anche a te la voce di Dio, che è voce d’amore, ad un certo punto della tua vita, ha detto: “Lascia la casa paterna, il nido sicuro e va’ dove l’amore ti porta, a formare una famiglia nuova, una cellula nuova della società, diversa da quella in cui sei nato”. E tu, come Abramo l’hai fatto, forse con trepidazione, forse con incoscienza, ma la voce interiore, sotto forma di spinta ad agire, era più forte di tutte le altre esigenze, e ti sei avventurato.

            Ma perché Abramo doveva lasciare il suo popolo?

            Perché era un popolo idolatra, che non conosceva più il vero significato dell’amore; allontanatosi dalla verità, gli era rimasta un’idea vaga di Dio e l’aveva reinterpretata creandosi un modello di vita che non era quello stabilito dal Creatore per le sue creature. Le cellule umane non erano più a immagine della Trinità, cellule create dall’amore – dono; erano piuttosto cellule create dal piacere egoistico, sterile, infedele, non fecondo: le orge e l’omosessualità imperavano. Prova ne sia che poi Abramo, nella sua storia con Dio, sarà messo a conoscenza anche della distruzione di Sodomia e Gomorra, proprio per questi motivi e la perversione era così diffusa che nelle due città non si trovarono nemmeno dieci persone giuste.

L’uomo che asseconda le sue passioni, diventa schiavo delle sue passioni e perde la somiglianza con Dio.

            Dio, però, è misericordioso e interviene per rettificare, risanare, ripulire, rifare da capo. E lo fa attraverso Abramo e la sua moglie sterile, come sterile era diventato il popolo tutto nei riguardi di Dio. Alla donna sterile, alla coppia fedele al Dio vivo, Egli darà fecondità numerosa come le stelle del cielo, come i granelli di arena che formano le spiagge dei mari.

 “Dopo tali fatti, questa parola del Signore fu rivolta ad Abram in visione: «Non temere, Abram. Io sono il tuo scudo; la tua ricompensa sarà molto grande». Rispose Abram: «Mio Signore Dio, che mi darai? Io me ne vado senza figli e l'erede della mia casa è Eliezer di Damasco». Soggiunse Abram: «Ecco a me non hai dato discendenza e un mio domestico sarà mio erede».

              Ed ecco gli fu rivolta questa parola dal Signore: «Non costui sarà il tuo erede, ma uno nato da te sarà il tuo erede». Poi lo condusse fuori e gli disse: «Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle» e soggiunse: «Tale sarà la tua discendenza». Egli credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia”. (Gen 15:1-6)

            Perché la promessa del Signore si realizzasse, era necessario che Abramo si lasciasse guidare dallo Spirito, occorreva vivere di fede, sperare contro ogni speranza, credere che Dio è fedele anche quando tutto, visto dal nostro punto di osservazione, è addirittura impossibile.

            Sulla fede di Abramo, Dio rende feconda una famiglia sterile e si fonda un popolo che vivrà i valori del Regno.

            I valori si trasmettono da padre – madre a figlio, empaticamente. La vita sociale crea il gruppo e spesso l’uomo nel gruppo perde la sua identità, si adegua a chi sembra ottenere maggiore successo e smette di pensare autonomamente. La famiglia saggia, invece, con lavoro paziente, educa a vivere i valori con saggezza e senso di responsabilità.

            Oggi, come al tempo di Abramo, c’è ancora bisogno di educare ai valori, oggi più che mai la famiglia è chiamata a questo compito: “Guarda e conta le stelle – dice Dio alla famiglia - tanti saranno i tuoi figli se vivrai di fede”. La benedizione di Dio per le coppie fedeli arriva fino alla millesima generazione, mentre, per la natura di Dio-Amore, le conseguenze del male sui figli, si risentono solo fino alla terza o quarta generazione.

Allora il Signore scese nella nube, si fermò là presso Abramo e proclamò il nome del Signore. Il Signore passò davanti a lui proclamando: «Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all'ira e ricco di grazia e di fedeltà, che conserva il suo favore per mille generazioni, che perdona la colpa, la trasgressione e il peccato, ma non lascia senza punizione, che castiga la colpa dei padri nei figli e nei figli dei figli fino alla terza e alla quarta generazione». (Es 34:5-8)

Oggi, infatti, stiamo assistendo a generazioni di giovani che scontano forse l’insipienza poco illuminata dei loro padri, che si sono allontanati dalla fede, dal timor di Dio, dall’adesione amorosa alla Sua legge.

Quando il popolo di Dio si trovava in difficoltà, si esaminava, riconosceva il suo peccato e tornava a implorare la misericordia di Dio. E Dio tornava a benedire.

Il castigo, la punizione, la morte non sono nella natura di Dio, se a volte è costretto a lasciarci assaporare l’amaro fiele delle nostre scelte sbagliate, lo fa perché siamo sordi ad ogni altro richiamo. In realtà, come dice Madre Speranza, Egli soffre accanto al peccatore e attende che almeno la sofferenza lo riporti a Lui. Quando ciò avviene, fa festa, si catapulta sul suo cuore per purificarlo, riscaldarlo, confortarlo, riplasmarlo, farlo felice. Così facendo diamo gloria a Dio, perché gli permettiamo di essere se stesso.

Anche noi, oggi, abbiamo bisogno di tornare a Dio. Il tempo liturgico dell’attesa è propizio a questo ritorno, ad appianare le vie del nostro cuore, perché Egli possa venire.

 

ABRAMO UOMO MISERICORDIOSO

Poi il Signore apparve a lui alle Querce di Mamre, mentre egli sedeva all'ingresso della tenda ell'ora più calda del giorno. Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui. Appena li vide, corse loro incontro dall'ingresso della tenda e si prostrò fino a terra, dicendo: «Mio signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passar oltre senza fermarti dal tuo servo. Si vada a prendere  un pò di acqua, lavatevi i piedi e accomodatevi sotto l'albero. Permettete che vada a prendere un boccone di pane e rinfrancatevi il cuore; dopo, potrete proseguire, perché è ben per questo che voi siete passati dal vostro servo». Quelli dissero: «Fà pure come hai detto». Allora Abramo andò in fretta nella tenda, da Sara, e disse: «Presto, tre staia di fior di farina, impastala e fanne focacce». All'armento corse lui stesso, Abramo, prese un vitello tenero e buono e lo diede al servo, che si affrettò a prepararlo. Prese latte acido e latte fresco insieme con il vitello, che aveva preparato, e li porse a loro. Così, mentr'egli stava in piedi presso di loro sotto l'albero, quelli mangiarono.

Poi gli dissero: «Dov'è Sara, tua moglie?». Rispose: «È là nella tenda». Il Signore riprese: «Tornerò da te fra un anno a questa data e allora Sara, tua moglie, avrà un figlio». Intanto Sara stava ad ascoltare all'ingresso della tenda ed era dietro di lui. Abramo e Sara erano vecchi, avanti negli anni; era cessato a Sara ciò che avviene regolarmente alle donne. Allora Sara rise dentro di sé e disse: «Avvizzita come sono dovrei provare il piacere, mentre il mio signore è vecchio!». Ma il Signore disse ad Abramo: «Perché Sara ha riso dicendo: Potrò davvero partorire, mentre sono vecchia? C'è forse qualche cosa impossibile per il Signore? Al tempo fissato tornerò da te alla stessa data e Sara avrà un figlio». Allora Sara negò: «Non ho riso!», perché aveva paura; ma quegli disse: «Sì, hai proprio riso». (Gen.18:1-15)

Abramo, in questa occasione, esercita la misericordia nei confronti dei tre personaggi, che poi si rivelano essere, addirittura, Dio nella sua Trinità. La bontà misericordia della coppia, ha reso quella tenda un luogo dell’incontro con Dio uno e trino! Sicuramente Abramo non capì l’importanza di questo episodio, che era nato spontaneo dalla sensibilità del suo cuore, eppure Dio l’ha ricompensato con la realizzazione della promessa e, nello stesso tempo, nella storia di Abramo, ha dato alla coppia una indicazione precisa: la casa deve essere luogo dell’incontro con Dio, addirittura la coppia stessa deve diventare immagine della Trinità santa, vivendo la comunione nell’amore.

Che bella la casa che si apre a Dio e a quanti lo rappresentano! Che grande fortuna per questa casa, per questa famiglia. Ora Dio è rappresentato in maniera inequivocabile nel povero, nel bisognoso, nell’afflitto, nel malato, nel misero in ogni forma di espressione della povertà umana.

Facciamo tesoro di questa indicazione e impegniamoci.

 

L’OFFERTA DEI FIGLI

In Abramo abbiamo ancora un’altra indicazione molto significativa per la coppia, che rivela un altro aspetto della sua vocazione: l’offerta dei figli a Dio. Dio, chiamando la coppia a collaborare all’opera della creazione, le affida i Suoi figli, che la coppia chiama figli suoi. Ad Abramo Dio chiede l’offerta dell’unico figlio, una sorta di restituzione. Ma non vuole l’offerta cruenta dei figli nella forma in uso tra i Caldei da cui Abramo proveniva, gli basterà la disposizione del cuore, lo vuole cioè, cosciente che quel figlio non gli appartiene, che è di Dio e solo Dio può disporre di lui. Doveva però offrirglielo in rito sacro.

Gesù ci ha dato il Battesimo per restituire a Dio i figli Suoi e ai figli la vita di Dio. Ma il Battesimo sta diventando un rito vuoto per troppi pseudocristiani. I genitori dovrebbero presentare ad ogni Eucaristia l’offerta battesimale dei loro figli al Padre, insieme all’offerta del Figlio. Questo atteggiamento darebbe un tono di normalità al distacco che comunque, con l’età adulta dei figli, deve avvenire; e inoltre l’offerta attirerebbe sui figli stessi la benedizione e la protezione divina. E’ un’abitudine che bisogna prendere. Non cadiamo nell’errore che dobbiamo essere noi ad indirizzare e guidare i figli, siamo troppo fragili per poterlo fare, saremmo quei “ciechi che pretendono guidare altri ciechi” come dice Gesù nel Vangelo, accanto ai figli occorre una presenza divina..

I figli vanno tenuti davanti a Dio nella preghiera dei genitori. Il cuore degli sposi, nel momento in cui diventano genitori, devono diventare una patena perennemente elevata verso l’alto, per presentare a Dio i figli, per tenerli al Suo cospetto, per esporli alla Sua benedizione, per implorare su di loro perdono, misericordia, benevolenza e grazia. E’ così che la coppia esercita il suo ministero sacerdotale, è così che rende sacro il Matrimonio e la paternità.

I figli vanno allevati per Dio e non per il mondo. 

Dio stabilì con Abramo un’alleanza e la sancì alla maniera in uso in quel tempo.

              “Dio disse ad Abramo: «Io sono il Signore che ti ho fatto uscire da Ur dei Caldei per darti in possesso questo paese». Rispose: «Signore mio Dio, come potrò sapere che ne avrò il possesso?». Gli disse: «Prendimi una giovenca di tre anni, una capra di tre anni, un ariete di tre anni, una tortora e un piccione». Andò a prendere tutti questi animali, li divise in due e collocò ogni metà di fronte all'altra; non divise però gli uccelli. Gli uccelli rapaci calavano su quei cadaveri, ma Abram li scacciava. Mentre il sole stava per tramontare, un torpore cadde su Abram, ed ecco un oscuro terrore lo assalì. Allora il Signore disse ad Abram: «Sappi che i tuoi discendenti saranno forestieri in un paese non loro; saranno fatti schiavi e saranno oppressi per quattrocento anni. Ma la nazione che essi avranno servito, la giudicherò io: dopo, essi usciranno con grandi ricchezze. Quanto a te, andrai in pace presso i tuoi padri; sarai sepolto dopo una vecchiaia felice. Alla quarta generazione torneranno qui, perché l'iniquità degli Amorrei non ha ancora raggiunto il colmo». Quando, tramontato il sole, si era fatto buio fitto, ecco un forno fumante e una fiaccola ardente passarono in mezzo agli animali divisi. In quel giorno il Signore concluse questa alleanza con Abram: «Alla tua discendenza io do questo paese dal fiume d'Egitto al grande fiume, il fiume Eufrate; il paese dove abitano i Keniti, i Kenizziti, i Kadmoniti, ecc”.  (Gen 15:7-20)

Dio s’impegnò a dare la discendenza ad Abramo, Abramo s’impegnò ad avere fede in Dio. L’eredità che Abramo darà ad Isacco è la sua fede nel Dio unico e la forza di questa fede sarà la sua ricchezza. Dio s’impegnerà a provvederlo di tutto.

Anche noi, che ci riteniamo “fedeli”, siamo figli di Abramo, siamo la sua discendenza, noi pure abbiamo ricevuto la sua eredità, cioè la fede nel Dio unico, il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, di Mosè… il Dio di Maria, il Dio di Gesù Cristo nostro Salvatore… Noi pure siamo tenuti a lasciare ai nostri figli questa eredità santa. Se vogliamo che su di essi dimori la benedizione di Dio, dobbiamo farlo dal primo giorno della loro vita, perché possano giovaresene lungo tutto il percorso della loro esistenza. Noi per primi, però, dobbiamo recuperare il valore di questa eredità, altrimenti rischiamo di avere un “Tesoro nascosto” e vivere nella miseria. I figli hanno bisogno di questa eredità, di questa benedizione.

I termini “eredità” e “benedizione”, nel linguaggio biblico, sono quasi sinonimi, perché l’eredità veniva passata al figlio attraverso un rito familiare di benedizione, come ci testimonia l’episodio della benedizione di Isacco ai suoi figli Esaù e Giacobbe (vedi il cap. 27° della Genesi) .

I vostri figli hanno bisogno della benedizione di Dio e della vostra benedizione, della tenerezza di Dio e della vostra, della misericordia di Dio e della vostra. Non siamo così superficiali da far mancare loro ciò che è più necessario dell’aria, del cibo, della scuola, dell’amicizia, della ricchezza, della stessa salute, perché con l’eredità si dà Dio, e Gesù ci ha detto che a chi cerca il Regno di Dio e la sua giustizia, tutto il resto gli sarà dato in sovrappiù, quindi non abbiamo bisogno di affannarci oltre misura per procurarglielo noi.

Imitiamo Abramo e la sua filosofia di vita. Sicuramente non ci pentiremo in eterno.

 

Questionario di approfondimento:

  1. Dopo aver lasciato, come Abramo, la casa paterna, ti sei preoccupato di crearti una nuova casa seguendo le indicazioni di Dio?
  2. Sei disposto a difendere le tue scelte vocazionali da ogni ingerenza indebita?
  3. Ti stai impegnando a impostare la tua famiglia in maniera nuova, aperta alla presenza di Dio, aperta alla vita, vivendo nell’amore reciproco, vedendo il coniuge come un dono di Dio?
  4. Abramo, proprio perché fu misericordioso verso i tre pellegrini affaticati e accaldati, ricevette Dio nella sua tenda. Voi ripetete l’esperienza di Abramo per fare della vostra casa un luogo di incontro con Dio, accogliendo il povero, il malato, l’afflitto, il debole, il bisognoso di conforto, di consiglio, di sostegno secondo le sue necessità.
  5. Vi state impegnando a lasciare ai vostri figli l’eredità della fede? Cosa fate in particolare?

  

 

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Ultimo aggiornamento: 12 novembre 2021
 
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